Di ritorno dalla visita in Polonia, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rilasciato una lunga intervista al Corriere della Sera, dove ha parlato di cultura, ancora di Europa, e dell’importanza della lettura, in occasione del Festival du Livre di Parigi, che quest’anno ha come ospite speciale proprio l’Italia, ed è attualmente in corso nella capitale francese. “La partecipazione dell’Italia in veste d’ospite d’onore a due tra le più prestigiose occasioni culturali europee – il riferimento è al Festival du Livre di Parigi e, nel 2024, al Buchmesse di Francoforte – oltre a riconoscere il contributo recato dalla civiltà italica al sentire globale, rappresenta una grande occasione per proseguire sulla strada di una osmosi che consolidi sempre più la piattaforma comune di valori sui quali si fonda la Casa europea”. Per Mattarella “leggere è essenziale. Bisognerebbe leggere di più e, forse, la lettura del Milione di Marco Polo potrebbe aiutarci a comprendere lo spirito con cui va guardato il mondo“.
Le dichiarazioni di Mattarella
Il presidente della Repubblica non dimentica Dante, di cui sottolinea ancora una volta l’importanza, poiché capace di lanciare un messaggio ancora oggi. “Lo vorrei consegnare ai più giovani”. Tornando a parlare d’Europa, Mattarella pone l’accento sui dettagli culturali che ogni comunità nel ‘Nuovo Continente’ lascia, e ha lasciato, nel tempo. “Dalle grandi città ai piccoli borghi, in ogni latitudine del nostro continente le comunità sono riconoscibili dalle loro piazze, i loro edifici di culto, i loro municipi, i loro palazzi e i loro mercati, i loro paesaggi. Ognuno di questi segni indica, identifica l’Europa. La dimensione europea è ciò che condividiamo quale frutto del deposito lasciato da culture plurali, recate dai popoli che si sono succeduti nell’insediamento sui territori”.Inoltre, per Mattarella il Rinascimento “è il prodotto dell’ingegno italiano in uno stato di grazia particolare”, che tuttavia si è poi diffuso nelle corti europee. “Il sentimento di appartenenza era, dunque, a una grande cultura, che non separava est e ovest europeo ma permeava ogni ambiente intellettuale. Mi piacerebbe pensare a un nuovo rinascimento europeo, aperto al mondo intero“.
Per fraternità europea il presidente della Repubblica intende la consapevolezza di avere un comune destino, che si spinge oltre l’essere solidali. E riprendendo l’espressione dei padri costituenti, il ‘completarsi a vicenda’ “rappresenta quanto di più significativo si possa immaginare per l’Europa ‘unione delle diversità’, ispirata da una visione che sappia guardare lontano, senza il rischio della lusinga dell’inciampo in barriere artificiosamente create”. Si potrebbe inoltre parlare di fraternità europea anche per l’acquisizione di “consapevolezze più autentiche, che abbiano la meglio anche su narrazioni correnti di crisi di convivenza con gli immigrati che giungono sulle nostre coste o agli altri confini d’Europa, fuggendo da guerre, carestie, sconvolgimenti climatici. Buoni esempi di ‘fraternità europea’ non mancano: le porte aperte ai profughi ucraini. Tuttavia i principi sono tali se non ammettono declinazioni di comodo. La fraternità sarebbe più forte se fosse sempre ugualmente riservata a chi fugge da altre guerre, da altra fame, da altre catastrofi, lungo la linea del Mediterraneo, per esempio“.
Sulla cultura
Parlando di cultura, Mattarella torna sull’operazione di cancel culture che ha riguardato la Russia dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. “Appare come un gesto sbagliato che vorrebbe colpevolizzare a ritroso i prodotti di secoli di storia europea, di cui quella cultura fa parte a pieno titolo. Gli intellettuali più avvertiti non hanno mancato di stigmatizzare questa visione. A uccidere la cultura è l’omologazione, il conformismo”, sentenzia secco. Infine, Mattarella conclude l’intervista con un pensiero alla cultura italiana e all’industria che si muove attorno, che definisce una forza trainante del modello produttivo del Paese. “Mi piace pensare che Parigi e Francoforte significhino anche un riconoscimento all’impegno e all’attività della nostra industria dell’editoria, proiettata a pieno titolo nel dialogo della cultura internazionale. Il libro è un veicolo straordinario che richiama l’attenzione sul Bel Paese. L’Italia gode all’estero di una reputazione altissima, che investe il suo passato ma anche il suo presente. Affascina per il suo spirito pubblico, il senso della comunità, la sua vocazione alla pace. Di certo l’italianità appare di per sé un valore. E non va dissipato“.