L’Esercito Italiano sta chiudendo il suo storico allevamento di cavalli a Grosseto, trasferendo cavalli e attività nel nuovo polo equestre di Montelibretti
Giovedì 3 ottobre, intorno alle 12:30, un convoglio composto da quattro camion dell’Esercito per il trasporto di cavalli è entrato nel Centro militare veterinario (Cemivet) di Grosseto, in Toscana, scortato da alcune pattuglie dei carabinieri. La destinazione finale del convoglio era il polo equestre di Montelibretti, situato circa 40 chilometri a nord di Roma, dove si sta creando una nuova struttura per la gestione dei cavalli dell’Esercito.
Nei primi tre camion sono state caricate sei cavalle fattrici, destinate alla riproduzione, insieme ai loro puledri, mentre il quarto veicolo ha trasportato altre quattro cavalle.
L’Esercito Italiano sta chiudendo il suo storico allevamento di cavalli
Di norma, questi trasporti riguardano soltanto i puledri di età inferiore ai tre anni, che vengono inviati a Montelibretti, sede della Scuola di cavalleria dell’Esercito, o in altri centri ippici militari dislocati a Lecce, Palmanova, Tor di Quinto e Palermo. In passato, i cavalli venivano spostati solo per brevi distanze, come dall’interno del Cemivet al vicino centro ippico situato all’interno della stessa struttura.
Il trasporto delle cavalle fattrici, invece, rappresenta una novità assoluta, come sottolinea un dipendente civile del centro che ha preferito mantenere l’anonimato: «Quando ci hanno detto di caricare anche le fattrici, abbiamo capito che non si trattava del solito trasferimento per le esercitazioni o le gare, ma che stavamo assistendo all’inizio dello smantellamento dell’allevamento».
Per il personale del Cemivet, la decisione di chiudere il centro non è stata una sorpresa, poiché il piano di trasferimento era stato discusso già da mesi, anche se non era mai stata data una comunicazione ufficiale. Nei prossimi mesi, infatti, tutte le cavalle fattrici e i puledri ancora presenti nelle stalle del Cemivet verranno spostati a Montelibretti, segnando così la fine del più antico allevamento equino dell’Esercito italiano.
Il Deposito Allevamento Cavalli dell’Esercito italiano fu istituito ufficialmente l’11 novembre 1870 con un regio decreto, su un’area di 50 chilometri quadrati, situata 4 chilometri a nord di Grosseto. In origine, la tenuta apparteneva alla famiglia dei Lorena, che governò il Granducato di Toscana fino all’Unità d’Italia. Fino agli anni ’50 del Novecento, il Cemivet era uno dei principali datori di lavoro della zona, impiegando decine di agricoltori, allevatori, butteri e maniscalchi. Sebbene nel corso degli anni il centro sia stato ridimensionato, continua a occupare un’area di circa sei chilometri quadrati e a fornire lavoro a circa 200 militari e 40 dipendenti civili. Prima dell’inizio del trasferimento, l’allevamento contava circa 200 cavalli.
Oltre alle stalle, il Cemivet include numerose altre strutture: un comando militare, un centro ippico, una struttura dedicata all’addestramento di cani specializzati nella ricerca di esplosivi, ambulatori e sale operatorie per cavalli e cani, due musei e una mensa per militari e personale civile. Vi è anche un centro di ippoterapia gestito dalla Croce Rossa, che utilizza il contatto con i cavalli come metodo terapeutico per persone con disabilità cognitive o motorie. Diverse aziende agricole locali contribuiscono alla gestione del centro, fornendo assistenza per la semina e la raccolta del fieno.
Il ministro della Difesa Guido Crosetto, appartenente al partito Fratelli d’Italia, ha deciso di portare avanti un piano di riorganizzazione del settore equestre dell’Esercito, seguendo delle linee guida già approvate dal governo Renzi nel 2015, ma mai completamente applicate. Il piano prevede la chiusura di quattro centri ippici militari e il progressivo trasferimento delle cavalle e dei puledri da Grosseto a Montelibretti, con l’obiettivo di centralizzare le risorse nell’area a nord di Roma, dove si trova il Reggimento Lancieri di Montebello.
Secondo lo Stato maggiore dell’Esercito, questo accorpamento non rappresenta un ridimensionamento della cavalleria militare, ma piuttosto un modo per ridurre i costi di gestione degli animali. I cavalli dell’Esercito sono utilizzati principalmente per cerimonie istituzionali e per la sorveglianza delle sedi governative, ma hanno svolto anche compiti di pattugliamento durante operazioni come Strade Sicure, iniziata nel 2008 per combattere la microcriminalità nelle città italiane. Inoltre, i cavalli potrebbero essere impiegati in scenari di guerra a bassa intensità o in situazioni di emergenza, come calamità naturali, dove possono aiutare le forze dell’ordine e la Protezione Civile a raggiungere zone difficilmente accessibili.
Il progetto di trasferimento ha suscitato numerose proteste. Già nel 2013, quando si cominciò a parlare della chiusura del Cemivet, il sindaco di Grosseto, Emilio Bonifazi, del Partito Democratico, aveva scritto alla ministra della Difesa dell’epoca, Roberta Pinotti, sottolineando che lo spostamento avrebbe portato all’abbandono di pascoli e strutture veterinarie specializzate, molte delle quali tutelate dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio. Tuttavia, pur approvando le linee guida, la ministra Pinotti sospese temporaneamente la chiusura, limitandosi a trasferire a Montelibretti la scuola di mascalcia, il mestiere di chi ferra i cavalli.
Con l’insediamento del governo Meloni, la questione è tornata d’attualità. Nel 2022, lo Stato maggiore dell’Esercito ha analizzato i vantaggi e le controindicazioni del trasferimento, indicando come punti a favore la centralizzazione delle risorse e il rispetto delle linee guida del 2015. Tra gli svantaggi, invece, si segnalavano i costi elevati per la demolizione delle strutture di Grosseto e la costruzione di nuove scuderie a Montelibretti, stimati in 1,8 milioni di euro. Inoltre, lo spazio disponibile a Montelibretti non sarebbe sufficiente per accogliere tutti i cavalli di Grosseto, aggravando il problema del sovraffollamento.
Le proteste contro il trasferimento si sono riaccese a Grosseto, con la formazione di un comitato cittadino che ha raccolto 3.500 firme per bloccare il progetto. La Lega ha presentato un ordine del giorno in consiglio comunale, approvato all’unanimità, impegnando il sindaco Antonfrancesco Vivarelli Colonna a intervenire presso il ministero della Difesa. Anche diversi parlamentari hanno depositato interrogazioni, chiedendo chiarimenti sui costi del trasferimento e sugli effetti che avrà sul territorio e sull’occupazione.
Nonostante le proteste, a maggio 2024 il governo ha deciso di rendere operativo il trasferimento. Tuttavia, si sta valutando la possibilità di adottare alcune misure compensative, come suggerito dal deputato del PD Marco Simiani. Tra le proposte vi è la trasformazione del Cemivet in un centro per il ricovero dei cavalli riformati, ossia animali troppo vecchi o infortunati per continuare a lavorare, e l’istituzione di un polo nazionale per l’ippoterapia. Queste misure permetterebbero di mantenere una parte delle attività del Cemivet a Grosseto, seppur ridimensionate.
Secondo i residenti e i lavoratori del Cemivet, però, queste promesse non sono sufficienti a salvare il centro dalla chiusura definitiva. «Ci stanno dando un contentino, ma sappiamo bene che il Cemivet verrà smantellato gradualmente», afferma Valentina Pes, un’ex militare che ha prestato servizio nella cavalleria dell’Esercito