Le mucche hanno bisogno di sei chili di cereali al giorno ciascuna. Sfamarle in autunno costerà 1 euro in più ogni 24 ore. Per questo molti allevatori hanno assunto la decisione di abbatterne diverse. “A settembre, quando scenderò dall’alpeggio, porterà al macello 40 capi su 120. Devo fare un abbattimento forzato perché la gestione è diventata insostenibile”. Remo Dalbard, 53 anni, valdostano. Scelte che sono una diretta conseguenza di tutto quello che sta accadendo nel mondo. La crisi del grano, il disastro climatico, l’aumento dei prezzi.
Mucche: la situazione delle aziende zootecniche della Valle d’Aosta
Dalbard ha deciso che deve ridurre i costi del suo allevamento. Ma sono in molti ad avere fatto la stessa scelta. Lo conferma Sergio Borla, titolare del macello ‘Valdostana Carni’. “Ho iniziato questo lavoro con mio padre quando avevo 13 anni e adesso ne ho 67, in tutto questo tempo non mi era mai capitato di ricevere prenotazioni per delle bestie da macellare già all’inizio di settembre. I prezzi del foraggio e quelli dell’energia stanno stravolgendo il nostro mondo”. Ora le bestie sono all’alpeggio. Si spartiscono prati sempre più inariditi. Ma quando torneranno giù alle stalle avranno un costo nuovo per chi se ne è sempre preso cura.
Per colpa della siccità manca il fieno e quello che c’è costa di più. Per colpa della guerra della Russia contro l’Ucraina i prezzi del grano, del mais e della soia sono alle stelle. Le mucche da latte hanno bisogno di sei chili di cereali al giorno, oltre al fieno. Sfamarle, per 40 capi, significa 1.200 euro in più al mese. Per un piccolo produttore di latte, latte pregiato che in gran parte finisce per costituire la fontina della Valle d’Aosta, quel costo aggiuntivo sballa la sostenibilità della sua impresa e vengono mancare i margini di guadagno. Ecco perché molti produttori stanno mettendo in fila le loro bestie sulla strada del macello. Sono 980 le aziende zootecniche della Valle d’Aosta, 16 mila capi da latte.
“Ogni cosa è correlata: dall’Ucraina ai nostri alpeggi”
“Il problema è molto grave”, dice Omar Tonino, presidente degli allevatori valdostani. “Tra i produttori di latte c’è molta preoccupazione. È come se ci trovassimo al centro esatto di una concatenazione di eventi molto più grandi di noi. Da qui si vede bene che ogni cosa è correlata, dall’Ucraina ai nostri alpeggi. È difficile uscirne. Perché non possiamo ricorrere al mercato e alzare il prezzo, noi ci muoviamo dentro un sistema cooperativo. E i prezzi di vendita del latte si fanno a fine anno. Quindi: ricavi uguali, ma costi molto più alti. Ecco dove siamo finiti”. Abbattere il bestiame per abbattere i costi, ricavare del denaro dalla carne macellata. Insomma: purtroppo non ci sono molte altre alternative.