È ufficiale: le piste da sci non potranno riaprire fino al 5 marzo. L’ha stabilito un’ordinanza firmata dal ministro della Salute, Roberto Speranza. Questa decisione, arrivata alla vigilia della riapertura degli impianti, è stata accolta con forti proteste da parte delle Regioni e della Lega, soprattutto a causa del breve preavviso con cui è stata comunicata ai gestori degli impianti sciistici.
La scelta del ministero della Salute
La scelta di rinviare l’apertura delle piste da scii è stata presa sulla base degli ultimi dati epidemiologici, comunicati venerdì 12 febbraio dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), dai quali emerge che la variante VOC B.1.1.7 del coronavirus, nota come “variante inglese” e caratterizzata da maggiore trasmissibilità, rappresenta una percentuale media del 17,8% sul numero totale dei contagi. Anche in Francia e in Germania sono state adottate delle misure analoghe, sempre giustificate dalla preoccupazione per la circolazione delle nuove varianti di Sars-CoV-2.
Il verbale del Cts
Nel verbale del 12 febbraio, il Comitato Tecnico Scientifico (Cts), con specifico riferimento alla riapertura degli impianti sciistici nelle Regioni inserite nelle cosiddette “aree gialle”, afferma che “allo stato attuale non appaiono sussistenti le condizioni per ulteriori rilasci delle misure contenitive vigenti, incluse quelle previste per il settore sciistico amatoriale”. In una nota, il ministero della Salute spiega che il nuovo esecutivo si impegna a compensare il prima possibile gli operatori del settore con ristori adeguati.
La reazione di Fontana
Tra le reazioni al rinvio dell’apertura degli impianti sciistici, una delle più forti è stata quella di Attilio Fontana, il presidente della Regione Lombardia. “Trovo assurdo apprendere dalle agenzie di stampa la decisione del ministro della Salute di non riaprire gli impianti sciistici a poche ore dalla scadenza dei divieti fin qui in essere, sapendo che il Cts aveva a disposizione i dati da martedì, salvo poi riunirsi solo sabato. Una decisione dell’ultimo secondo che dà un ulteriore colpo gravissimo a un settore che stava faticosamente riavviando la propria macchina organizzativa. Ancora una volta si dimostra che il sistema delle decisioni di ‘settimana in settimana’ è devastante sia per gli operatori, sia per i cittadini. Solo sette giorni fa lo stesso Cts nazionale aveva dato il via libera a un regolamento molto severo per poter riaprire. Su quella base avevamo consentito la riapertura“.
Zaia: “Provvedimento che mette in crisi gli impianti sciistici”
“Prendiamo atto dell’ordinanza del ministro Speranza che fa slittare la chiusura degli impianti sciistici fino al 5 marzo. Pur considerando che la salute dei cittadini viene prima di tutto, è innegabile che questo provvedimento in zona Cesarini mette in crisi tutti gli impiantisti”. Lo afferma Luca Zaia, il governatore del Veneto. “In Veneto, in particolare, io avevo firmato un’ordinanza che decretava il via dal 17. Per cui tutti gli operatori avevano già predisposto ogni cosa: erano state preparate le piste, i rifugi erano pronti ad accogliere. E avevano previsto di aprire al 30%, rispettosi delle regole di salute pubblica”, aggiunge.
Cirio: “È una mancanza di rispetto nei confronti dei cittadini”
“Sono allibito da questa decisione che giunge a poche ore dalla riapertura programmata per domani”, scrive Alberto Cirio, il presidente della Regione Piemonte, in una nota. “Soltanto dieci giorni fa, il 4 febbraio, il Comitato tecnico scientifico nazionale aveva stabilito che in zona gialla da lunedì 15 si sarebbe potuto sciare. Su queste direttive il Piemonte si è mosso, nel rigoroso rispetto delle regole. Regole che non possono cambiare tutte le settimane. E, soprattutto, i dati aggiornati sulla situazione epidemiologica sono in possesso del Cts e del Governo da mercoledì. Mi chiedo se non fosse il caso di fare queste valutazioni prima, invece di aspettare domenica sera. È una mancanza di rispetto inaccettabile da parte dello Stato, che dovrebbe garantire i suoi cittadini, non vessarli”, conclude.
Le reazioni di Fedriga, Lavévaz e Bonaccini
Piuttosto piccata anche la reazione di Massimiliano Fedriga, il governatore del Friuli Venezia Giulia, che ha indicato come necessaria una ristrutturazione dell’organizzazione del Cts. “Non possiamo trovarci ancora in questa situazione: in mezzo a questa indecisione a rimetterci sono le imprese e i lavoratori”, ha sottolineato.
Sulla stessa linea d’onda ance Erik Lavévaz, il presidente della Valle d’Aosta. Quest’ultimo ha comunicato che “porterà al tavolo della Conferenza Stato/Regioni lo sconcerto di tutta la comunità valdostana per la decisione relativa all’apertura dei comprensori, sottolineando che le stazioni si sono preparate e hanno messo a punto con impegno tutte le azioni volte al rispetto dei protocolli”.
Anche Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna, si è detto “stupito” e “sconcertato” dalla decisione del ministro della Salute di rinviare l’apertura degli impianti sciistici.
La reazione della Lega
Tra i partiti politici, quello che si è scagliato più duramente contro la decisione di Speranza è stato la Lega. In particolare, i ministri Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia hanno dichiarato che “la montagna, finora dimenticata, merita rispetto a attenzione: che risposte si danno e in che tempi al documento predisposto dalle regioni? Non è solo questione di cifre: non è detto nemmeno che bastino i 4,5 miliardi richiesti quando la stagione non era ancora compromessa, probabilmente ne serviranno di più, a maggior ragione se ci saranno altri stop”. I due ministri hanno aggiunto che “gli indennizzi per la montagna devono avere la priorità assoluta. Non si può continuare con il ‘metodo Conte’, annuncio la domenica e chiusura il lunedì, da parte del trio Ricciardi, Arcuri, Speranza. Serve un cambio di passo e rispetto per la gente di montagna e per chi lavora”.