A un giorno dall’entrata in vigore del Green Pass obbligatorio per tutti i dipendenti pubblici e privati, il virologo Matteo Bassetti ha parlato del passaporto verde ai microfoni di Rai Radio2. Il direttore della clinica di Malattie Infettive dell’ospedale San Martino di Genova ha dichiarato di non essere “più a favore” della certificazione. “Così com’è oggi non ha nessun senso continuare. L’abbiamo fatto diventare uno strumento non per stimolare la gente a vaccinarsi, ma per indurla a fare i tamponi”, ha spiegato durante la trasmissione “I Lunatici”.
Bassetti: “Non si può equiparare il tampone alla vaccinazione”
“Bisogna decidere che cosa si deve fare con i luoghi di lavoro”, ha aggiunto Bassetti. Per il virologo le possibilità sono due. La prima è lasciar libero di andare a lavoro solo chi ha ricevuto il vaccino. La seconda è la gestione del Green Pass alla francese, obbligatorio cioè nei luoghi di aggregazione e rilasciato “unicamente con la vaccinazione”. In realtà anche in Francia è possibile ricevere la certificazione verde dopo aver eseguito un tampone, ma questa opzione è valida solo per chi non può sottoporsi al vaccino. “Non si può equiparare il tampone alla vaccinazione”, ha sottolineato Bassetti.
“L’Italia non è pronta ad avere il Green Pass nei luoghi di lavoro”
“Stiamo dando patenti di sicurezza dove non ce ne sono”, ha aggiunto Bassetti, invitando tutti a fare attenzione. “Il Green Pass ha senso se deve essere uno strumento per stimolare la vaccinazione. Se deve essere uno strumento per far spendere alla gente duecento euro al mese di tampone, è una stupidaggine. Io così da medico non lo sopporto”. Per Bassetti neppure allungare la validità del tampone a 72 ore avrebbe senso. “Diciamo allora che l’Italia non è pronta ad avere il Green Pass sui luoghi di lavoro dal 15 di ottobre, lo rimandiamo a data da destinarsi e lo lasciamo obbligatorio nei luoghi di aggregazione”. Bassetti, in buona sostanza, propone di ripensare l’intera campagna vaccinale e rivedere la gestione del Green Pass.