Su quanto successo in Emilia Romagna negli ultimi giorni sono intervenuti numerosi geologi ed esperti del cambiamento climatico. Dopo i preziosi interventi di Silvio Gualdi, senior scientist al Centro euromediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc); Mauro Rossi, ricercatore Cnr-Irpi; Luca Brocca, dirigente dell’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-IRPI), e Paride Antolini, Presidente dell’Ordine dei Geologi dell’Emilia-Romagna, è intervenuta anche Francesca Giordano, ricercatrice dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). All’Agi, Giordano ha commentato la strage del maltempo in Emilia Romagna sottolineando, anzitutto, che dare la ‘colpa’ esclusivamente al cambiamento climatico è un tentativo di scrollarsi di dosso le responsabilità di quanto, purtroppo, è accaduto e sta accadendo.
“Questi fenomeni derivano da una combinazione di eventi. Il cambiamento climatico amplifica le conseguenze dei dissesti di un territorio molto fragile. Senza dimenticare gli errori legati a una gestione non attenta del territorio stesso a partire dalla insufficiente manutenzione dei corsi d’acqua fino all’eccessivo consumo di suolo”. Per l’esperta, infatti, le alluvioni e la siccità rappresentano le due facce della stessa medaglia, “che non si annullano a vicenda, anzi, sono un moltiplicatore del rischio quindi devono essere affrontare con un approccio comune: ridurre il danno da una parte, nel caso di bombe d’acqua e immagazzinare la risorsa idrica, attraverso la creazione di nuovi invasi, per poi utilizzarla quando serve“.
Capire meglio i cambiamenti climatici
Secondo Giordano parlare di evento “eccezionale” non ha alcun significato, visto che quanto accaduto è la ‘fotocopia’ – più violenta – di quanto accaduto in Emilia Romagna a cavallo del primo maggio. “Senza il cambiamento climatico questi eventi si sarebbero ripetuti ogni 50, 100 anni. Invece ora sono più frequenti. Ma derivano da problemi pregressi come ad esempio una gestione del territorio non sempre oculata”, ha sottolineato l’esperta. A incidere sugli eventi, inoltre, sarebbe stata l’eccessiva cementificazione. Come spiega Giordano, l’Emilia Romagna è una delle Regioni italiane “in cui sono più alti i valori di consumo di suolo anche nei territori a livello alto di pericolosità idraulica. Si costruisce ancora in zona pericolose andando a esporre le popolazioni a un rischio. Ci sono edifici, forse condonati nel tempo, che si trovano a essere a ridosso degli argini dei fiumi. L’impermeabilizzazione del suolo rende il territorio meno in grado di assorbire l’acqua“.
Prevenzione, ancora una volta
Ma come sempre accade nelle tragedie, ancor più quelle che riguardano i cambiamenti climatici o gli eventi naturali estremi, si torna a parlare di prevenzione. Secondo l’esperta Ispra, infatti, è necessario “aumentare le casse di espansione per contenere le piene dei fiumi, e rafforzare gli argini dei corsi d’acqua. Anche la comunicazione ha un ruolo fondamentale soprattutto rivolta alle persone fragili in modo da ridurre la loro esposizione ai rischi”. È tuttavia difficile intervenire senza le giuste risorse, e per questo i fondi del Pnrr dovrebbero essere indirizzati nel finanziamento di opere idriche.
“Dobbiamo prepararci al cambiamento climatico con strategie di adattamento sia sulle conseguenze degli eventi estremi e sia sulla mitigazione che agisce sulle cause”. Per far ciò, conclude la ricercatrice, è necessario “fermare il consumo di suolo che determina l’impermeabilizzazione del suolo e occorre recuperare una risorsa preziosa come l’acqua con il sistema degli invasi. Oggi in Italia ne raccogliamo una percentuale bassissima ma questo non ce lo possiamo permettere“.