Giacomo Passeri: chi è e perché è stato condannato a 25 anni di carcere in Egitto

Giacomo Passeri è stato fermato nel 2023 e condannato due giorni fa per traffico internazionale di droga. Scopriamo di più a riguardo

Giacomo Passeri, 31 anni originario di Pescara, ha ricevuto una pesante condanna in Egitto, dove è detenuto da un anno in una prigione vicino al Cairo. La Farnesina ha confermato la sentenza tramite una nota ufficiale, fornendo alcuni dettagli sulla vicenda.

Giacomo Passeri: chi è e perchè stato condannato a 25 anni di carcere in Egitto?

Il 19 agosto scorso si è svolta al Cairo l’udienza di primo grado del processo a Passeri, alla quale ha partecipato, in qualità di osservatore, il Capo della Cancelleria Consolare dell’Ambasciata d’Italia, accompagnato da un interprete.

Nella stessa giornata, l’avvocato di Passeri ha comunicato che l’italiano è stato condannato a 25 anni di detenzione, non all’ergastolo come si temeva inizialmente.

Giacomo Passeri: chi è e perchè stato condannato a 25 anni di carcere in Egitto?
Giacomo Passeri: chi è e perchè stato condannato a 25 anni di carcere in Egitto? – ANSA / Foto fornita dalla famiglia Passeri – Newsby.it

 

Le autorità egiziane accusano Passeri di essere stato trovato, il 23 agosto di un anno fa durante il suo viaggio in terra egiziana, in possesso di un ingente quantitativo di stupefacenti, tra cui numerosi ovuli che avrebbe ingerito, contenenti anch’essi sostanze illecite. Per questo motivo è stato condannato per traffico internazionale di droga.

“Lui si è sempre dichiarato innocente, si sente abbandonato. L’altro giorno i giudici del Cairo hanno emesso la sentenza di condanna: ergastolo, con 25 anni da scontare nel Paese – sostiene all’Adnkronos Andrea Passeri, fratello di Giacomo – . Siamo stupiti e scioccati, un epilogo che non ci saremmo mai aspettati”, continua Passeri il quale dopo la condanna, dice, di non aver ricevuto alcun contatto dall’Ambasciata italiana al Cairo.

Chiediamo allo Stato, alla politica italiana di farlo tornare in Italia, di interessarsi almeno al caso attraverso la documentazione ufficiale rilasciata dalle autorità egiziane in mio possesso. Giacomo è ingiustamente trattenuto lì, si faccia qualcosa per riportarlo al più presto a casa”, è l’appello del fratello.

Continua Passeri: “Giacomo era solo in mezzo a poliziotti egiziani quando è stato fermato. In un rapporto è stato scritto che avesse diverse quantità di droga. Ma questo è quello che dicono loro, non c’erano altri testimoni”, dice Andrea Passeri il cui sospetto è che si siano state fabbricate false prove contro Giacomo. “Il nostro avvocato è ancora convinto di poter dimostrare la sua innocenza, ora attendiamo le motivazioni della sentenza”, aggiunge Passeri.

In attesa della pubblicazione ufficiale della sentenza, il legale di Passeri ha già informato l’Ambasciata della sua intenzione di presentare ricorso. L’Ambasciata d’Italia, in stretto coordinamento con la Farnesina, continua a seguire il caso con la massima attenzione, mantenendo costanti contatti con il legale di Passeri.

È stata inoltre richiesta alle autorità egiziane un’autorizzazione per una visita consolare in carcere con la massima urgenza, al fine di fornire tutta l’assistenza necessaria.

Il fratello di Giacomo racconta poi, ripercorrendo il calvario del fratello, che l’interprete si è palesato solo “dopo 6 giorni dal fermo”. Che in un anno l’ultimo contatto con Giacomo, detenuto nel carcere Badr 2, è avvenuto il giorno del suo arresto, “è riuscito a sentirlo mio fratello Marco Antonio”.

Poi più niente, solo poche lettere in cui Giacomo parla “della sua innocenza”, denuncia “le pressioni ricevute dai poliziotti per fargli ammettere le sue colpe. Di come è stato malmenato, dello stato di abbandono dopo la sua operazione d’appendicite. La mia unica speranza è che ora Giacomo torni a casa, vivo”.

Ed ecco che l’altro fratello, Antonio Marco Passeri, commenta all’AGI: “Mio fratello da un anno è in carcere e il 19 agosto scorso è stato condannato all’ergastolo, con 25 anni da scontare. È illegale quello che sta succedendo e, quindi, lanciamo un appello allo Stato italiano perché è l’unico che può darci una mano. Mio fratello era in vacanza in Egitto. Era in albergo e aveva mal di pancia. Ha chiesto di farsi visitare da un medico, ma non vedendolo arrivare ha deciso di uscire per andare in un ospedale. In albergo, però, gli hanno detto che non poteva uscire e poco dopo è arrivata la polizia che ha buttato giù la porta. È stato ammanettato, picchiato, intimidito e minacciato. Poi è svenuto ed è stato portato in ospedale con il sospetto che potesse avere della cocaina della pancia. Ma così non era: gli hanno fatto i raggi e un medico ha detto di lasciare stare il ragazzo perché aveva un appendice che stava per scoppiare”. “Mio fratello – ha aggiunto Antonio Marco Passeri – è rinchiuso in una cella con altri 14 detenuti, ci sono mosche e cattivo odore. Fisicamente sta bene, ma è provato dal punto di vista psicologico. Faremo sicuramente ricorso, intanto lanciamo un appello allo Stato”

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