Il Consiglio dei ministri ha decretato lo scioglimento per mafia dei comuni di Foggia e di Villaricca, nel Napoletano. Nel primo caso, l’Ente era già commissariato a seguito delle dimissioni del sindaco, arrestato e poi liberato in un’inchiesta sulla corruzione in Comune. Il totale sale così a 270 Amministrazioni pubbliche sciolte per infiltrazioni mafiose nella storia repubblicana a partire dal 1991, anno di introduzione della legge che ha introdotto questo istituto.
Limbadi, Pertini e il boss Mancuso
Anche se, in realtà, c’è un precedente storico che precede di otto anni questa legge. Nel 1983, infatti, il primo comune italiano sciolto per infiltrazioni mafiose è Limbadi, in provincia di Vibo Valentia. A decretarlo, pur in assenza di un’apposita norma, è l’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini.
Il Capo dello Stato interviene perché il primo degli eletti alle elezioni comunali è Francesco Mancuso, detto ‘Don Ciccio’, capobastone dell’omonimo casato di ’ndrangheta, che oggi domina sul mercato del narcotraffico.
Mancuso, sia durante la campagna elettorale che al momento del voto, è latitante, nonché sottoposto alla misura di sorvegliato speciale di pubblica sicurezza. Perciò l’Ente viene subito sciolto per motivi di ordine pubblico, a distanza di appena una settimana dalle elezioni amministrative.
Mafia, comuni sciolti: Calabria prima
Oggi le regioni con il maggior numero di Amministrazioni sciolte sono – secondo i dati di Avviso Pubblico – la Calabria (124), Campania (113), Sicilia (87) e Puglia (22). La Calabria detiene anche il ‘record’ del maggior numero di provvedimenti ripetuti con 28 Amministrazioni coinvolte.
Ma non mancano neppure gli episodi fuori dai confini delle regioni di origine delle principali mafie italiane: ’ndrangheta, camorra, Cosa nostra e Sacra corona unita (oggi quasi estinta, sostituita dalla Società foggiana). Il primo caso in Lombardia, ad esempio, è quello di Sedriano, comune di 12mila abitanti nell’hinterland milanese sciolto nel 2013.
La procedura di scioglimento
Al commissariamento di un Ente locale si arriva dopo una procedura di accertamento dell’attività amministrativa da parte di una commissione d’accesso agli atti nominata dal prefetto e composta da tre funzionari della Pa. La sua attività dura tre mesi e alla fine dovrà redigere una relazione conclusiva da inviare alla Prefettura dopo la consultazione anche con il procuratore della Repubblica e il procuratore distrettuale antimafia competenti per territorio.
Il prefetto trasmette poi la relazione al ministro degli Interni, che a sua volta propone al Presidente della Repubblica lo scioglimento dell’Ente per mafia. Nel mezzo, serve una deliberazione del Cdm come per Foggia e Villaricca, che deve arrivare entro tre mesi dalla relazione dei commissari. È infine il Capo dello Stato ad emettere il decreto di scioglimento.
A quel punto la gestione degli affari correnti passa a tre commissari straordinari, la cui attività va dai 12 ai 18 mesi, prorogabili fino a 24. Contro il decreto presidenziale di scioglimento si può ricorrere in prima battuta al Tar, il Tribunale amministrativo regionale, e in appello al Consiglio di Stato. I termini per impugnare il decreto sono dimezzati rispetto a quelli ordinari tranne che per il ricorso introduttivo, quello incidentale e i motivi aggiunti.