Il saluto romano non è un gesto con il quale commemorare i defunti che credevano in determinate ideologie, bensì un vero e proprio reato. L’ha ribadito la Corte di Cassazione, respingendo la richiesta di tre imputati condannati il 7 marzo 2022 a un mese e dieci giorni di reclusione e al pagamento di 300 euro di multa dalla Corte d’Appello di Milano per aver sollevato il braccio in modo inequivocabile durante una commemorazione per Sergio Ramelli, ucciso nel 1975, Enrico Pedenovi e Carlo Borsani. I loro legali hanno provato a chiedere il riconoscimento dell’attenuante “di aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale, trattandosi di una commemorazione funebre nella quale si è espresso il senso religioso e la partecipazione umana degli imputati”.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
Motivando la sentenza emessa lo scorso febbraio, che ha confermato la condanna stabilita dalla Corte di Appello, la Cassazione ha sottolineato che “i ricorsi omettono completamente di confrontarsi con il significato ideologico, di comunanza d’intenti e di vitalità delle azioni poste in essere dai ‘camerati’ oggetto di commemorazione, che secondo i giudici di merito caratterizza il richiamato rito del ‘presente’, dotato di particolare forza suggestiva e capacità di convinzione ideologica, nonché di palese ostentazione di una precisa e formale ritualità fascista, carica di significati ideologici, e che manifesta una piena adesione a detti valori”.
I supremi giudici hanno aggiunto che “la genericità dei ricorsi delle difese si coglie in maniera plastica dalla mancanza di critica specifica alla ritenuta capacità di suggestione e proselitismo – sia nei confronti dell’opinione pubblica presente nelle vie cittadine, sia degli altri partecipanti alla commemorazione che non hanno preso parte alle ostentazioni compiute dagli imputati – della condotta caratterizzata dal raduno, in forma di schiera paramilitare, di numerosi militanti che hanno posto in essere il rito dell’appello, altrimenti detto del “presente”, secondo la descrizione contenuta nel dizionario di politica edito dal Partito nazionale fascista nel 1940”.
“Deve quindi concludersi – si legge – che, in considerazione del precetto costituzionale che, lungi dal riconoscere valore all’ideologia fascista, la osteggia e ne stigmatizza le manifestazioni, dette manifestazioni non rientrano nell’ambito di operatività della circostanza attenuante”.
Saluto romano, l’esercito avvia un’inchiesta su quattro militari
Un episodio molto simile a quello sul quale la Cassazione è stata chiamata a esprimere un giudizio si sarebbe verificato alla fine di febbraio a Torino, durante una lezione del corso di laurea di Scienze Strategiche alla Scuola di applicazione dell’esercito di Torino. Quattro giovani militari, in trasferta dall’Accademia militare di Modena, avrebbero fatto il saluto fascista nel corso della proiezione di un documentario sulla campagna di Etiopia. Altri due allievi, una ragazza e un ragazzo (entrambi sottotenenti di origine etiope), hanno segnalato l’accaduto all’insegnante, che a sua volta ne ha parlato con gli ufficiali superiori. In seguito è scattata un’indagine interna all’esercito, nel corso della quale sono stati analizzati i cellulari dei responsabili, contenenti frasi sessiste rivolte alla compagna di corso che li ha denunciati. Quando sono stati interrogati dai superiori, i quattro militari hanno negato sia di aver scritto quelle parole che di aver fatto il saluto romano durante la lezione. Ma nonostante le loro dichiarazioni è già stato avviato un provvedimento disciplinare.