Dall’inizio del 2020 Facebook ha pubblicato oltre 18,4 milioni di annunci di annullamento dell’aborto. Questi i dati emersi da un rapporto del Center for Countering Digital Hate (CCDH). Gli annunci in questione promuovono una procedura che non solo non è stata ancora dimostrata in campo medico, ma che è definita pericolosa e non etica. Sempre dalla stessa ricerca è emerso come anche Google abbia mostrato gli annunci a oltre il 75% delle persone che effettuavano ricerche relative all’aborto, negli USA. Un annuncio che saltava fuori in maniera estremamente mirata, puntando a termini di ricerca come “gravidanza indesiderata” e “pillola abortiva”.
Gli annunci Facebook, pericolosi e disinformativi
Un tema, quello dell’aborto, non solo particolarmente delicato, ma anche estremamente cercato.
In Italia, digitando la parola “pillola” ai primi tre risultati appare: “pillola del giorno dopo”, “pillola anticoncezionale” e “pillola abortiva”. Milioni di donne nel mondo ogni giorno fanno questa ricerca e migliaia di loro hanno ricevuto informazioni potenzialmente dannose per la loro salute.
Gli annunci in questione promuovono un uso teorico, mai dimostrato, di alte dosi dell’ormone progesterone. Un ormone che dovrebbe “invertire” gli effetti dell’assunzione di mifepristone, il primo di una coppia di farmaci utilizzati in un aborto medico. Ma c’è una “mancanza di prove mediche che dimostrino la sicurezza e l’efficacia del trattamento“, secondo quanto affermato da uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine. E le conseguenze possono essere letali.
Nonostante la mancanza di prove scientifiche, in otto Stati USA le persone che fanno ricerche sull’aborto ricevono in risposta che l’inversione abortiva può essere un’opzione. Questi annunci, hanno affermato gli autori dello studio, “incoraggiano essenzialmente le donne a partecipare a un esperimento di ricerca non monitorato“.
Imran Ahmed, amministratore delegato del CCDH, ha dichiarato: “È disgustoso che gruppi che cercano di minare i diritti sessuali e riproduttivi fondamentali siano in grado di diffondere disinformazione a donne e ragazze vulnerabili. Quel che è peggio: Facebook e Google stanno facendo soldi con questa propaganda“.
Gli annunci sponsorizzati da gruppi antiabortisti
Su Facebook, le analisi della piattaforma mostrano che oltre 1,5 milioni di utenti nel Regno Unito e 3 milioni nella Repubblica d’Irlanda sarebbero stati targettizzati. Annunci pagati dai gruppi anti-aborto SPUC nel Regno Unito e Life Institute in Irlanda.
In teoria, le politiche di entrambe le società dovrebbero vietare le pubblicità. Google ha regole ferree che vietano agli inserzionisti di promuovere “informazioni fuorvianti sui prodotti” e “prodotti non approvati dal governo in un modo che implica che siano sicuri o efficaci”. Eppure qualcosa, chiaramente, non ha funzionato.