Finire in carcere non equivale a perdere tutti i diritti che spettano a un essere umano in quanto tale. L’articolo 2 della Costituzione italiana riconosce “i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove svolge la sua personalità”. Ciò vale anche per chi è stato condannato all’ergastolo. Le leggi in merito, naturalmente, variano molto da uno stato all’altro, e nel corso degli anni possono andare incontro a cambiamenti. In Danimarca, per esempio, il Governo ha da poco vietato agli ergastolani di iniziare nuove relazioni amorose. La legge è nata per arginare il fenomeno delle “groupies” dei detenuti, che talvolta si mettono in contattato con chi è condannato al carcere a vita per poterlo conoscere anche solo virtualmente.
La Danimarca vieta le nuove relazioni agli ergastolani
L’esecutivo di Copenaghen ha preso questa decisione dopo che una 17enne, Cammilla Kürstein, si è innamorata di Peter Madsen, un uomo condannato all’ergastolo in seguito al brutale omicidio della giornalista svedese Kim Wall, avvenuto nel 2017. La ragazza ha ammesso di essersi invaghita dell’uomo dopo aver passato due anni a sentirlo via lettera e per telefono. Kürstein ha anche rivelato di essere rimast molto male quando Madsen si è sposato in carcere nel 2020 con la 39enne russa Jenny Curpen.
Nick Haekkerup, il ministro della Giustizia danese, ha dichiarato che queste relazioni “devono essere interrotte. I criminali condannati non dovrebbero usare le nostre prigioni come centri per appuntamenti o piattaforme mediatiche per vantarsi delle loro malefatte”. Con la nuova legge, gli ergastolani potranno contattare solo le persone con cui hanno avuto una relazione per i primi dieci anni della loro prigionia. Inoltre, non potranno più postare sui social media o esprimersi attraverso i podcast. “Abbiamo avuto esempi disgustosi negli ultimi anni di detenuti che hanno commesso crimini abominevoli e poi dal carcere hanno contattato giovani per ottenere la loro simpatia e attenzione”, ha reso noto Haekkerup.
Quali sono i diritti dei carcerati in Italia?
In Italia i carcerati godono di vari diritti, che si estendono anche agli ergastolani. Per esempio, l’articolo 35 dell’ordinamento penitenziario che riconosce a detenuti ed internati il diritto di reclamo al direttore dell’istituto, al provveditore, al capo dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, al ministro della Giustizia, alle autorità giudiziarie e sanitarie in visita all’istituto, al garante nazionale e ai garanti territoriali dei diritti dei detenuti, al presidente della giunta regionale, al magistrato di sorveglianza e al capo dello Stato.
I carcerati possono mantenere delle relazioni familiari?
Per quanto riguarda le relazioni affettive, al centro della nuova legge varata in Danimarca, in Italia l’ordinamento penitenziario tutela il mantenimento delle relazioni familiari e affettive anche in quanto validi punti di riferimento per la persona detenuta. L’art 42, comma 2, stabilisce che, in caso di trasferimenti, debba essere preso in considerazione l’istituto penitenziario più vicino al luogo di residenza della famiglia.
Il diritto alla salute
Essenziale anche il diritto alla salute, valorizzato dal decreto legislativo 2 ottobre 2018 n. 123. Quest’ultimo esalta il ruolo del servizio sanitario nazionale all’interno degli istituti, potenziando l’assistenza all’interno delle carceri e garantendo ai detenuti prestazioni tempestive, visite mediche al loro ingresso e continuità dei trattamenti sanitari in corso.
Il diritto allo studio e la libertà di culto
Altri diritti tutelati sono quelli allo studio e alla libertà di culto. Il primo è difeso dall’articolo 34 della Costituzione, secondo il quale “la scuola è aperta a tutti”, a prescindere dalle condizioni individuali. Inoltre, l’articolo 19 dell’Ordinamento penitenziario stabilisce che negli istituti di pena la formazione culturale sia curata “mediante l’organizzazione di corsi della scuola dell’obbligo”. Il diritto di culto è riconosciuto dall’articolo 26 dell’ordinamento penitenziario. Nelle carceri è assicurata la celebrazione del culto cattolico e la presenza di almeno un cappellano. I detenuti di altre religioni hanno il diritto di ricevere, su richiesta, l’assistenza dei ministri del proprio culto e di celebrarne i riti, purché siano compatibili con l’ordine e la sicurezza.