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Non solo voci favorevoli. Nelle stesse ore in cui diverse piazze d’Italia si riunivano per sostenere il ddl Zan in occasione del Gay Pride, altrove altri cittadini si sono ritrovati per il motivo esattamente opposto. È il caso di Torino, teatro di una manifestazione cui ha preso parte la onlus Pro Vita e Famiglia.
Pro Vita e Famiglia contro il ddl Zan: “Divisivo e ideologico”
“Il nostro messaggio è forte e chiaro. Il ddl Zan è un ddl inutile, divisivo e ideologico. Ci sono tre articoli pericolosissimi. Si tratta dell’articolo 1, l’articolo 4 e l’articolo 7, che mettono in discussione la libertà di espressione, la libertà di professione religiosa e la libertà di educazione dei genitori“. Così Jacopo Coghe, vicepresidente di Pro Vita e Famiglia.
E le sue critiche nei confronti del ddl Zan non finiscono qui: “È un ddl che introduce il concetto di identità di genere, e quindi che non si nasce maschio o femmina ma si potrebbe scegliere qualsiasi genere si vuole. Capite che insegnare questo nelle scuole dei nostri bambini è qualcosa che travalica la lotta al bullismo. È voler fare ideologia sulla pelle dei bambini“.
A sostegno del Vaticano: “Interpreta preoccupazione famiglie”
Nel contrasto al ddl Zan, il movimento Pro Vita e Famiglia non si sente solo: “Le famiglie non ci stanno. Le associazioni di genitori e familiari sono contrarie assolutamente a questo disegno di legge“. E da parte di Coghe non manca una menzione all’intervento del Vaticano, che tante polemiche ha generato in questi giorni.
“Il Vaticano si è fatto interprete di centinaia di migliaia di famiglie cattoliche italiane, che sono preoccupate per l’educazione dei loro figli – ha spiegato il vicepresidente di Pro Vita e Famiglia –. Perché con il ddl Zan si introdurrà obbligatoriamente nelle scuole la celebrazione della giornata della omotranslesbobifobia. Quindi si andrà a spiegare a bambini di tutte le scuole, a partire dalle fasce di 0-6 anni, che cos’è l’identità di genere. Si spiegherà ai nostri figli che non si nasce maschio e femmina. Che i bambini si possono sentire ciò che vogliono. E questa è un’intromissione nella libertà educativa dei genitori“.