Durante il conflitto in Ucraina la Russia ha commesso dei crimini di guerra? Sì, secondo Kiev, come dimostrano gli orrori di Bucha. Ma anche secondo Washington, con il presidente americano Joe Biden che ha definito l’omologo russo Vladimir Putin un “criminale di guerra” spingendo affinché sia processato. Accuse prontamente respinte al mittente dal Cremlino.
Ma cosa s’intende, esattamente, per crimini di guerra? Con il termine “crimine di guerra” si fa riferimento a tutte quelle violazioni del diritto bellico, commesse da militari o civili, ritenute punibili secondo le leggi e i trattati internazionali. In particolare quelli sottoscritti nel 1949 e contenuti nella Convenzione di Ginevra. In poche parole si tratta delle regole che nemmeno durante un conflitto è consentito infrangere. Ma quali sono nello specifico queste violazioni?
Crimini di guerra: alcuni esempi nella storia
I crimini di guerra comprendono ad esempio il mancato rispetto delle norme e delle procedure di combattimento. Ne sono un esempio gli attacchi mirati alla popolazione civile; oppure colpire chi espone una bandiera bianca che indica un cessate il fuoco. Ma anche l’uso truffaldino di una bandiera bianca per dissimulare dalle proprie reali intenzioni, preparandosi così a un attacco.
Rientra in questa fattispecie anche l’uso di armi che colpiscono indiscriminatamente, come quelle chimiche, biologiche o termobariche e le bombe a grappolo. Sono vietati anche gli attacchi a infrastrutture civili ritenute vitali, come ospedali o acquedotti. Le norme internazionali tutelano poi l’uso di distintivi della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa Internazionale o di altri segni protettivi.
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Sono crimini di guerra anche il maltrattamento dei prigionieri militari o dei civili. Talvolta, però, è difficile indicare (e sanzionare) con esattezza i reati considerati punibili anche durante i conflitti, poiché la loro individuazione varia a seconda delle singole legislazioni nazionali. Le quali, spesso, non sono tuttavia aggiornate al contesto storico attuale.
La tendenza è infatti quella di far riferimento al passato, in particolar modo alla Seconda guerra mondiale. Ne sono un esempio i campi di sterminio nazisti. Non mancano però casi anche in Italia. Durante l’epoca colonialista ricordiamo le deportazioni, rappresaglie ed esecuzioni sommarie nella Libia italiana subito dopo la cessione da parte dei turchi, sconfitti nella guerra italo-turca.
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Oppure l’utilizzo di armi chimiche e le repressioni dei civili nel corso della guerra in Etiopia inseguendo il “sogno” dell’impero in epoca fascista. Dal 1940 al ’45 si sono verificate invece fucilazioni di civili, saccheggi e violenze nei campi di prigionia in Grecia e nei Paesi balcanici. L’esercito italiano avrebbe commesso delle atrocità anche durante la campagna di Russia, seppur di minor intensità rispetto all’alleato nazista.
A l’Aia, nei Paesi Bassi, hanno sede i due organismi preposti alla persecuzione dei crimini di guerra. La prima è la Corte internazionale di giustizia (nella foto), la quale si pronuncia sulle controversie fra gli Stati, ma non può sanzionare dei singoli individui. Infine, c’è la Corte penale internazionale, che invece indaga sui singoli criminali di guerra. Sotto processo sono finiti ad esempio l’ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic e il dittatore iracheno Saddam Hussein.