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Centinaia di commercianti, esercenti e ristoratori hanno manifestato al Circo Massimo per chiedere la governo la riapertura immediata delle attività. Una manifestazione che è proceduta senza tensioni, al contrario di quanto accaduto lunedì in Piazza San Silvestro. Ad essere forti sono ‘soltanto’ le parole: “Ci sentiamo maltrattati e umiliati. Dopo otto mesi di chiusura bisogna riaprire anche in zona rossa, dobbiamo convivere con questo virus” dicono i manifestanti.
Gli esercenti: “Non riusciamo ad andare avanti”
“Siamo venuti qui a Roma per manifestare il nostro disagio – affermano i manifestanti -. C’è chi tra noi è in cassa integrazione da mesi, non si riesce a tirare avanti”. La possibilità di lavorare con asporto e servizio a domicilio non basta, e alcuni imprenditori fanno presente come in alcune zone, ad esempio fuori dai centri cittadini, sia impossibile questo tipo di approccio: “Io sono ferma da otto mesi – conferma una ristoratrice toscana -. Basta con il copriofuoco, basta con i colori delle regioni. Non siamo noi gli untori”.
I ristoratori intervenuti al Circo Massimo ci tengono poi a prendere le distanze dagli episodi di violenza (lanci di petardi e bottiglie di vetro in direzione delle forze dell’ordine) del corteo di lunedì. “Siamo molto dispiaciuti da quanto accaduto ieri – affermano – . Noi non siamo violenti, non apparteniamo a Casapound. Siamo ristoratori, persone per bene. Chiediamo solo dignità”.
L’urlo di dolore: “I ristori non bastano”
“Invece di fermare noi ai caselli autostradali, dovrebbero identificare i facinorosi di destra che si infiltrano alle nostre manifestazioni pacifiche – continuano i manifestanti -. Vogliamo solo gridare il nostro dolore. Non vogliamo attaccare i palazzi, vogliamo parlare con chi è dentro i palazzi”.
“La questione è semplice – aggiungono –: ristoratori, parrucchieri, partite Iva, in questi ultimi quattordici mesi hanno avuto un danno economico enorme. Ci hanno lasciato in mutande. Vogliamo lavorare, vivere e sostenere le nostre famiglie: se viene a mancare il lavoro e si ottengono anche ristori ridicoli, che non bastano, semplicemente non riusciamo più a vivere”.