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C’è preoccupazione per l’andamento dell’epidemia da parte dei soccorritori della Pubblica Assistenza: “I casi Covid o sospetti tali, per la nostra esperienza, sono notevolmente aumentati. A settembre, per esempio, erano circa il 2% dei servizi totali che facevamo in una settimana. Oggi invece abbiamo una percentuale del 20-25%. Quindi sono decuplicati rispetto a settembre, ogni 4-5 servizi ne abbiamo uno che riguarda il Covid“, spiega Alessandra, soccorritrice e autista della Croce Viola di Milano.
“Siamo preoccupati, perché la situazione è diversa da quella di marzo. Sia a livello ospedaliero che per noi, perché notiamo importanti discrepanze. Capitano per esempio lunghe attese in ospedale. Prima ce n’erano molte di meno. Sono proprio due situazioni diverse, quindi è difficile capire a che punto siamo. So solo che ci sono tanti casi Covid. Noi ne soccorriamo tanti, più o meno come ad aprile“, racconta Alice, volontaria della medesima associazione.
Quindi un paragone rispetto ai drammatici mesi della primavera. E il modo di affrontare il Covid, secondo Alice, è cambiato: “Durante la prima ondata agivamo diversamente. Non so se sia cambiata l’organizzazione degli ospedali, però li toglievano dalla barella prima. Invece adesso ci capita di aspettare anche tante ore in Pronto Soccorso. Perché bisogna tranquillizzarli, quando in realtà non sai nemmeno bene come fare. Perché, soprattutto ad aprile, non sapevamo esattamente a cosa stessimo andando incontro. Adesso almeno spiegare è diventato più facile“.
I problemi non mancano: “I parenti non possono venire in Pronto Soccorso e questo aspetto per i pazienti è importante, perché non hanno qualcuno lì con loro“, sottolinea Alice. E Alessandra aggiunge: “Un paziente Covid che ha dei sintomi lievi può anche parlare, e quindi a lui spieghi che cosa sta succedendo e perché siamo in attesa. In quelle situazioni anche loro stessi ti raccontano con più facilità le loro ansie, le loro paure, i loro drammi familiari. Un po’ meno facile è quando porti pazienti che hanno dei sintomi molto più importanti. Se hanno difficoltà respiratorie non riescono a formulare frasi troppo lunghe, hanno la maschera dell’ossigeno. E puoi solamente parlare tu e provare a rassicurarli“.
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