Nove lunghi anni. Tanto è passato da uno degli episodi che più hanno segnato il recente passato in Italia, scuotendo non poco l’opinione pubblica. Stiamo parlando dell naufragio della Costa Concordia al largo dell’Isola del Giglio, avvenuto nella notte fra il 13 e il 14 gennaio 2012. L’incidente causò la morte di 32 persone e il ferimento di altre 157, cambiando per sempre la vita di migliaia di famiglie, impegnate negli anni successivi alla strenua ricerca della verità su cause e responsabili.
La giustizia ha individuato come colpevole principale dell’incidente il comandante Francesco Schettino. Quest’ultimo sta attualmente scontando una condanna a 16 anni di carcere nel penitenziario di Rebibbia, a Roma.
Costa Concordia, l’incidente del 13 gennaio 2012
Era la sera del 13 gennaio 2012 quando la nave da crociera Costa Concordia, salpata da Civitavecchia e in viaggio verso Savona con 4.229 passeggeri a bordo, urtò contro lo scoglio delle Scole, al largo dell’Isola del Giglio (appartenente alla provincia di Grosseto, in Toscana). L’impatto avvenne attorno alle 20.45. Fu conseguenza, come riportato dalle sentenze della magistratura negli anni successivi, da un errore di calcolo da parte del comandante Schettino nel far eseguire all’equipaggio della nave il cosiddetto “inchino”, una manovra di raddrizzamento della nave vicino alla costa. Una sorta di saluto a chi osserva da terra.
L’urto causò l’apertura di una falla di circa 70 metri sulla parte sinistra della nave, che iniziò a imbarcare acqua e si ritrovò completamente senza elettricità. Da lì ebbe inizio una serie di eventi controversi. La magistratura, nel corso degli anni, avrebbe smentito soprattutto le testimonianze riportate dal comandante. Dalle registrazioni telefoniche, infatti, emerse che Schettino abbandonò la nave prima che i passeggeri fossero tutti tratti in salvo e che il capo sezione operativa della Capitaneria di porto di Livorno, l’attuale senatore del Gruppo misto Gregorio De Falco, gli avesse intimato più volte di risalire a bordo per coordinare le operazioni di soccorso fino alla fine.
Le indagini, il successivo processo e la pronunce definitive del Tribnale di Tribunale di Grosseto, della Corte d’Appello e della Corte di Cassazione avrebbero poi portato alla condanna a 16 anni di Schettino per omicidio colposo plurimo, naufragio colposo e abbandono della nave. L’ormai ex comandante ha subìto anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Tra le altre condanne, anche quella al risarcimento per oltre 80 milioni di euro complessivi da parte della società Costa alle famiglie dei passeggeri e dell’equipaggio.
Le operazioni di dismissione della nave e i cambiamenti nelle norme marittime
Il relitto della Costa Concordia restò al largo del Giglio per oltre due anni. L’Isola fu protagonista anche di una feroce polemica legata al ‘turismo dell’orrore’, con migliaia di persone pronte a farsi fotografare con il relitto sullo sfondo. Una beffa supplementare per tutte quelle famiglie la cui vita, a causa di quell’incidente, è cambiata per sempre. Per raddrizzare, far galleggiare e successivamente rimuovere la nave ci sono voluti in totale 30 mesi di lavoro. A condurre le operazioni compagnie italiane e internazionali, per quella che si sarebbe rivelata un’impresa titanica. Nel mese di luglio 2014 la Concordia, rimessa provvisoriamente ‘in piedi’, fu poi condotta dai rimorchiatori al porto di Genova per la demolizione. Un’operazione conclusa nel 2016.
L’incidente, di riflesso, ha imposto pesanti modifiche a quelle regole, scritte e non scritte, che disciplinano la navigazione turistica. Innanzitutto, la manovra dell’inchino è severamente vietata. I passeggeri sono istruiti a terra sulle norme di sicurezza ed evacuazione, mentre gli ufficiali di plancia non si vedono praticamente più fra i tavoli degli ospiti della nave. Il comandante non si trattiene fra i tavoli più di qualche minuto per il saluto ai passeggeri e gli stessi ospiti non possono raggiungere la plancia di comando per visitarla. Norme apparentemente semplici, che però possono fare la differenza. Ed evitare che tragedie come quella di nove anni fa possano ripetersi.