Caso Tramontano: Alessandro Impagnatiello è stato condannato all’ergastolo

Alessandro Impagnatiello condannato all’ergastolo per il femminicidio di Giulia Tramontano, incinta di sette mesi. Un caso drammatico che ha scosso l’Italia e riacceso l’attenzione sulla lotta contro la violenza di genere e la necessità di prevenzione

La Corte d’Assise di Milano ha emesso una condanna all’ergastolo, con l’aggiunta di tre mesi di isolamento diurno, per Alessandro Impagnatiello, colpevole del femminicidio di Giulia Tramontano, avvenuto il 27 maggio 2023. Giulia, 29 anni, era incinta di sette mesi al momento della tragedia e fu uccisa a Senago, vicino Milano, nella casa che condivideva con Impagnatiello. Dopo l’omicidio, l’uomo, un barman di 31 anni, tentò di nascondere il corpo per quattro giorni, inscenando una falsa scomparsa, prima di confessare il crimine.

Alessandro Impagnatiello è stato condannato all’ergastolo per il caso Tramontano

Impagnatiello è stato processato con rito immediato, una procedura che permette di saltare l’udienza preliminare quando le prove raccolte durante le indagini sono considerate schiaccianti. Le accuse mosse contro di lui includevano omicidio aggravato da premeditazione, crudeltà, legame affettivo e interruzione non consensuale di gravidanza, oltre all’occultamento di cadavere. Tuttavia, l’aggravante dei futili motivi è stata esclusa dai giudici.

Durante il processo, Impagnatiello è stato sottoposto a una perizia psichiatrica, che lo ha definito «pienamente capace di intendere e di volere» al momento del crimine. La perizia ha evidenziato tratti di personalità narcisistici e psicopatici, descrivendoli però come parte della sua struttura caratteriale, senza che questi costituissero una patologia mentale.

Caso Tramontano: Alessandro Impagnatiello è stato condannato all’ergastolo
Caso Tramontano: Alessandro Impagnatiello è stato condannato all’ergastolo – ANSA – Newsby.it

 

Le indagini hanno portato alla luce una serie di particolari macabri che hanno suscitato profondo sgomento nell’opinione pubblica. Impagnatiello, prima di commettere l’omicidio, aveva somministrato per mesi sostanze tossiche a Giulia, tra cui veleno per topi. La sera del 27 maggio, l’ha accoltellata per 27 volte, tentando poi ripetutamente di bruciare il corpo. Non riuscendo nel suo intento, ha nascosto il cadavere prima nella cantina e nel garage, per poi abbandonarlo in un’area verde a poche centinaia di metri dalla casa.

Oltre al femminicidio, la vicenda è aggravata dalla relazione parallela che Impagnatiello intratteneva con una collega di 23 anni, anche lei rimasta incinta ma che aveva scelto di abortire nel gennaio 2023. Giulia aveva scoperto questa relazione e ne aveva parlato con un’amica e con la madre di Impagnatiello. Proprio nel pomeriggio del 27 maggio, poche ore prima di essere uccisa, aveva incontrato la collega per confrontarsi. Il giorno seguente, il 28 maggio, Impagnatiello aveva denunciato la scomparsa di Giulia ai Carabinieri, ma le indagini hanno rapidamente smascherato la sua colpevolezza, portandolo a confessare.

La sentenza all’ergastolo è stata accolta con un principio di applauso, subito soffocato, nell’aula gremita di giornalisti, curiosi e personale della cittadella giudiziaria. Tra il pubblico erano presenti i genitori di Giulia, Loredana Femiano e Franco Tramontano, insieme ai due figli Chiara e Mario. La madre di Giulia, sopraffatta dall’emozione, è scoppiata in lacrime al momento della lettura della condanna, stringendosi al marito. Le parole della presidente della Corte, Antonella Bertoja, che ha letto il dispositivo, hanno sancito una pena che include anche tre mesi di isolamento diurno, qualora il verdetto venisse confermato in via definitiva.

Impagnatiello, seduto accanto alle sue avvocate, ha ascoltato la sentenza senza tradire alcuna emozione. I giudici hanno riconosciuto tutte le aggravanti, tra cui premeditazione, crudeltà e convivenza, ma hanno escluso quella dei futili motivi. Non sono state concesse attenuanti di alcun tipo.

La famiglia di Giulia ha espresso dolore e frustrazione, sottolineando l’importanza di prevenire simili tragedie in futuro. Chiara Tramontano, sorella della vittima, ha dichiarato: «Questa è solo una sentenza di giustizia, ma dovremmo fare molto di più prima che una donna venga uccisa. Non possiamo aspettare un verdetto per gridare contro la violenza sulle donne».

Anche la madre di Giulia, Loredana Femiano, ha condiviso parole toccanti: «Abbiamo perso tutto. Io non sono più una mamma, mio marito non è più un papà. Questo dolore segnerà per sempre i nostri figli». Franco Tramontano, padre della vittima, ha aggiunto: «Non ci sarà mai una vittoria per noi. Rimaniamo perdenti».

In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, la famiglia Tramontano ha partecipato a un flashmob organizzato dall’Ordine degli avvocati di Milano. Durante l’evento, Chiara Tramontano ha lanciato un appello: «Ogni donna ha il diritto di vivere, sognare e sperare. Mi auguro che nessuna famiglia debba mai vivere un dolore come il nostro».

Il femminicidio di Giulia Tramontano è stato seguito con grande attenzione fin dai primi giorni, in parte a causa dei dettagli raccapriccianti emersi durante le indagini. La vicenda ha sollevato un forte dibattito sulla necessità di intervenire con strumenti più efficaci per prevenire la violenza di genere.

Le dinamiche del caso, come l’uso prolungato di sostanze tossiche e i ripetuti tentativi di occultamento del corpo, hanno messo in luce la brutalità dell’omicidio e il livello di premeditazione dell’assassino. Questo ha portato a una forte indignazione pubblica, con richieste di pene severe e maggiore attenzione alle vittime di violenza domestica.

Il caso Tramontano ha riacceso i riflettori sul tema della violenza contro le donne, evidenziando l’urgenza di un impegno collettivo per combattere questo fenomeno. Secondo recenti dati, in Italia una donna su tre subisce violenze fisiche o psicologiche nel corso della sua vita. I femminicidi continuano a rappresentare una piaga sociale, con numeri preoccupanti che richiedono interventi strutturali.

Organizzazioni e istituzioni stanno lavorando per sensibilizzare l’opinione pubblica e offrire strumenti di supporto alle vittime. Tuttavia, casi come quello di Giulia Tramontano mostrano che c’è ancora molto da fare per garantire protezione e giustizia.

La condanna all’ergastolo per Alessandro Impagnatiello rappresenta un atto di giustizia per una tragedia che ha sconvolto l’Italia. Tuttavia, il dolore della famiglia Tramontano e l’indignazione pubblica mostrano che la giustizia, da sola, non è sufficiente. È necessario agire con forza per prevenire la violenza di genere e garantire che ogni donna possa vivere in sicurezza e dignità.

Il caso Tramontano è un tragico promemoria della necessità di costruire una società più equa, in cui il rispetto e la tutela della vita siano valori fondamentali. La memoria di Giulia deve essere un simbolo di speranza e determinazione nella lotta contro la violenza sulle donne.

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