Sei misure cautelari, tra cui gli arresti domiciliari per l’ex amministratore delegato di Aspi, Giovanni Castellucci. Questo l’esito del filone d’indagine, coordinato dalla Procura della Repubblica di Genova, che è nato dopo la tragedia del Ponte Morandi. E che pone nuove ombre intorno alla gestione di Autostrade per l’Italia in questi anni.
Agli arresti domiciliari, oltre a Castellucci, sono finiti il direttore delle operazioni Paolo Berti e Michele Donferri Mirella. Per altri tre dirigenti è invece scattata l’interdizione per 12 mesi. Si tratta del direttore del primo tronco Autostrade, Stefano Marigliani (nel frattempo trasferito a Milano), il responsabile delle ristrutturazioni che erano state pianificate per il Ponte Morandi, Paolo Strazzullo (l’accusa sostiene che tali ristrutturazioni non sono mai partite), e Massimo Miliani.
I reati al centro dell’indagine sono quello di attentato alla sicurezza dei trasporti e quello di frode in pubbliche forniture. Si contesta infatti la sicurezza delle barriere fonoassorbenti, del tipo integrate modello “Integautos“, montate sulla rete di Autostrade per l’Italia. L’accusa sostiene che gli indagati avessero “la consapevolezza della difettosità delle barriere e del potenziale pericolo per la sicurezza stradale, con rischio cedimento nelle giornate di forte vento (fatti peraltro realmente avvenuti nel corso del 2016 e 2017 sulla rete autostradale genovese)“.
A fare rumore, in particolare, sono state però le parole di Gianni Mion. Quest’ultimo, amministratore delegato di Edizione Holding, in un’intercettazione scoperchia una strategia imprenditoriale che il Gip di Genova ha definito “spregiudicata” e “improntata alla sistematica riduzione delle manutenzioni della rete autostradale“. Occorre ricordare che Edizione Holding controlla Atlantia, che a propria volta controlla Autostrade per l’Italia.
“Le manutenzioni le abbiamo fatte in calare. Più passava il tempo, meno facevamo. Così distribuiamo più utili, e Gilberto e tutta la famiglia erano contenti“, dice al telefono Mion, in una conversazione con il professor Giorgio Brunetti, ex amministratore di diverse società del gruppo Benetton. E infatti il “Gilberto” di cui si parla è proprio Gilberto Benetton. “Si erano innamorati di sta roba senza sapere i rischi“, replica Brunetti. Un quadro, insomma, in cui il profitto appare come il principale fine dei dirigenti. A discapito anche degli utenti di Autostrade. Ossia, i semplici automobilisti, viaggiatori, cittadini.
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