Una intercettazione dai contenuti inquietanti, che dimostrerebbe scarsa attenzione e soprattutto controlli estremamente deficitari intorno ad Autostrade per l’Italia. La voce è quella di Mirko Nanni, dirigente del Tronco di Genova. Tra i volti nuovi della società, è stato chiamato dai vertici di Atlantia allo scopo di rilanciare la società concessionaria dopo il crollo del Ponte Morandi e lo scandalo dei falsi rapporti sui viadotti. Con lui, l’ad Roberto Tomasi. Ebbene, l’intercettazione rivelata dal ‘Secolo XIX’ scoperchia una situazione tutt’altro che rincuorante. E che non riguarda il solo caso di Genova.
Autostrade per l’Italia come “una polveriera”? L’accusa del dirigente
“Siamo tutti seduti su una polveriera. Questa vicenda è accaduta in un periodo in cui non c’era un c**** di procedura. Non c’era nessun tipo di ispezione, e la parola ‘pull out’ non sapevamo che c**** voleva dire“, sono state le parole di Nanni a proposito di Autostrade. Tale dichiarazione, comparsa sulle colonne del quotidiano ligure, è stata depositata al Riesame. Lo sfogo di Nanni (che è indagato per omissione di atti d’ufficio dai pm genovesi per le mancate ispezioni trimestrali di sicurezza nelle gallerie) è con Paolo Berti, ex direttore delle operazioni di Aspi.
L’intercettazione di Nanni rientra nelle carte dell’inchiesta sulle barriere fonoassorbenti pericolose. Secondo le parole del dirigente di Autostrade per l’Italia, fino al 2013 l’azienda non procedeva a nessun tipo di ispezioni e controlli. Si tratta dell’anno della strage di Avellino, ossia quando un bus precipitò in un viadotto: ci furono quaranta vittime.
Il caso di Avellino e i collegamenti con il crollo del Ponte Morandi
Fu proprio Berti ad essere intercettato nel gennaio 2019 dai finanzieri diretti da Ivan Bixio (Primo Gruppo) e Giampaolo Lo Turco (nucleo metropolitano). Era appena stato condannato per la strage di Avellino, con Nanni che provava a rincuorarlo. Quest’ultimo spiegò al suo interlocutore che la sentenza aveva creato un diffuso allarme sugli altri direttori di tronco di Autostrade per l’Italia.
Ebbene, secondo gli inquirenti la confessione del dirigente di Autostrade per l’Italia potrebbe avere grande importanza anche nell’inchiesta sul ponte Morandi. Dimostrerebbe come, per almeno un decennio, Aspi non abbia mai controllato nemmeno il viadotto di Genova. Nel 2013, spiega il ‘Secolo XIX’, il livello delle caratteristiche costruttive e delle prestazioni di progetto dei vari impianti di Autostrade per l’Italia, realizzati dalle strutture centrali, non era nella piena conoscenza delle direzioni di tronco. Tanto da somigliare, come afferma lui stesso, a “una polveriera“.