ChatGPT sta diventando un’alternativa per molti giovani in cerca di supporto emotivo. Il 20% della Generazione Z lo usa per problemi personali, ma gli esperti avvertono sui rischi. Bisogna regolamentare l’uso di chatbot per garantire un aiuto competente
In un’epoca caratterizzata dalla digitalizzazione, l’utilizzo di intelligenze artificiali, come ChatGPT, come strumenti di supporto psicologico sta emergendo come una tendenza sorprendente tra i giovani. Questo fenomeno ha trovato particolare risonanza sui social media, dove gli utenti condividono consigli su come interagire con i chatbot per affrontare ansie, paure e problematiche quotidiane.
Secondo un’indagine condotta dal professor Mattia Della Rocca, docente di Psicologia degli Ambienti Digitali all’Università di Tor Vergata, almeno il 20% della Generazione Z ha interagito con ChatGPT per discutere di questioni personali. Questi dati, riportati da ‘Il Messaggero’, evidenziano un cambiamento socioculturale significativo: la figura tradizionale dello psicologo sta cedendo il passo a un supporto digitale, immediato e, apparentemente, privo di giudizio.
Le motivazioni alla base di questa scelta sembrano essere legate alla ricerca di un ascolto empatico e alla possibilità di esplorare le proprie emozioni in un contesto senza pressioni sociali. In un mondo dove la vulnerabilità è spesso stigmatizzata, confidarsi con un’intelligenza artificiale può sembrare meno intimidatorio. Inoltre, la mancanza di tempo e le difficoltà economiche legate all’accesso ai servizi di salute mentale giocano un ruolo fondamentale in questa decisione.
Diversi fattori contribuiscono al crescente utilizzo di chatbot come ChatGPT:
Tuttavia, è fondamentale considerare anche le implicazioni di questa scelta. Le interazioni con un chatbot non possono sostituire la complessità e la profondità di un confronto umano, essenziale in un percorso terapeutico. La percezione di un’intelligenza artificiale come confidente può portare a un’ideazione errata riguardo alla natura delle risposte fornite.
David Lazzari, presidente dell’Ordine degli Psicologi, ha lanciato un allarme su questa tendenza. La principale preoccupazione riguarda la possibilità che gli utenti attribuiscano un profilo umano a un algoritmo, interpretando le risposte come consigli terapeutici concreti. Le risposte dei chatbot sono spesso generiche e non possono affrontare la complessità delle problematiche individuali, comportando rischi significativi per la salute mentale, in particolare per chi si trova in situazioni vulnerabili.
Un caso emblematico è quello di uno studente della Michigan State University, che ha riportato di aver ricevuto un messaggio altamente inappropriato da un chatbot. Incidenti come questi evidenziano l’importanza di una supervisione e di una regolamentazione nell’uso delle intelligenze artificiali per scopi terapeutici.
Con l’aumento dell’uso delle intelligenze artificiali per scopi terapeutici, cresce anche la necessità di regolamentazioni più severe. Negli Stati Uniti, l’Associazione degli Psicologi ha richiesto indagini sulla diffusione di chatbot che operano senza le necessarie qualifiche. In Italia, il dibattito su come regolamentare l’uso delle tecnologie in ambito psicologico è ancora aperto e rappresenta una sfida cruciale per il futuro della salute mentale.
È aumentato ad almeno 13 morti e due dispersi il bilancio delle piogge torrenziali e…
Questo scontro, riportato dettagliatamente dal New York Times, ha suscitato l'attenzione dei media e dell'opinione…
Nominata il primo marzo 2023, Margherita Cassano ha dimostrato un approccio fermo e rispettoso nei…
Caos nelle basi USA in Italia: carte bloccate e email controverse. Le decisioni di Elon…
Checco Zalone celebra l’8 marzo con "L’ultimo giorno del patriarcato", una canzone tra satira e…
Caso Nave Diciotti: la Cassazione impone il risarcimento ai migranti, scoppia la polemica politica Il…