Elon Musk non è nuovo a lanciare provocazioni e profezie a prima vista bizzarre in campo tecnologico. L’ultima, in ordine di tempo, è la possibilità paventata dal Ceo di Tesla e Space X di parlare attraverso un chip impiantato nel cervello nel giro di pochi anni. Intervenuto nel podcast The Joe Rogan Experience, il magnate di origine sudafricana ha parlato dei nuovi progetti di un’altra delle sue aziende, la Neuralink, che si occupa di neurotecnologia. Secondo Musk già nel giro dei prossimi dodici mesi sarà possibile collegare direttamente un chip al cervello, una prospettiva senza precedenti.
Durante il podcast, Musk ha spiegato come funzionerebbe il meccanismo: il chip, alimentato a batteria, sarebbe impiantato nel cranio e i suoi elettrodi “inseriti nel cervello con molta attenzione. Potrebbe interfacciarsi con diverse sezioni del cervello stesso, aiutando ad esempio a curare la vista. In linea teorica potrebbe curare qualsiasi problema cerebrale”.
La prima generazione dei chip, precisa Musk, si concentrerà solo sulla cura di danni cerebrali, ma in futuro non esclude scenari quasi da fantascienza: “Potremmo non aver più necessità di parlare. Magari lo faremo solo per ragioni sentimentali. Saremmo capaci di comunicare in maniera più veloce, con molta più precisione: non saprei cosa accadrebbe al linguaggio. Sarebbe un po’ come in The Matrix: vuoi parlare un’altra lingua? Nessun problema, scarica il programma adatto. Quanto tempo potremmo raccogliere risultati del genere? Penso fra cinque e dieci anni, se lo sviluppo continua ad andare veloce”.
La ‘profezia’ di Musk arriva durante un periodo assai particolare per l’imprenditore 48enne, sia dal punto di vista familiare sia da quello lavorativo: nel primo caso si tratta di belle notizie, con la nascita del figlio chiamato, tra lo stupore generale, X Æ A-12. Nel secondo, invece, le notizie sono meno incoraggianti, visto che il valore delle azioni di Tesla è precipitato e alcuni dipendenti dell’azienda hanno contestato alcune dichiarazioni rilasciate su Twitter, come quella secondo cui il prezzo stesso delle azioni della sua azienda sarebbe troppo alto, una mossa che gli è costata 14 miliardi di dollari.
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