Coronavirus, New York vieta l’uso di Zoom nelle scuole

Il mondo si ferma, la voglia di andare avanti no. Anche New York City, la città che non dorme mai, si trova a dover fare i conti con l’emergenza coronavirus. Un conto salatissimo, a dire il vero, così salato da aver lacerato l’anima della Grande Mela, fragile e ferita come ai tempi dell’11 settembre e dell’uragano Sandy. Così come in moltissime altre città in tutto il mondo, i provvedimenti per cercare di arginare la pandemia sono stati drastici: chiusi bar, ristoranti, cinema, palestre, teatri, club e scuole.

Per proseguire nel proprio percorso di apprendimento, quindi, gli studenti di New York non hanno altra soluzione se non quella di seguire lezioni online attraverso i numerosi servizi di videoconferenza. Tra questi, però, non rientra più Zoom, finito recentemente nell’occhio del ciclone per alcuni problemi di sicurezza.

“Abbandonare Zoom il più presto possibile”

Il grido d’allarme arriva dal Dipartimento per la formazione scolastica di New York, che ha deciso di vietare l’utilizzo della piattaforma Zoom ai propri studenti. Un divieto che coprirà circa 1,1 milioni di ragazzi in più di 1.800 scuole nei cinque distretti della città.

A spiegarne il motivo è Danielle Filson, portavoce del Dipartimento: “Fornire un’esperienza di apprendimento remoto sicura e protetta per i nostri studenti è essenziale e, dopo un’ulteriore revisione delle problematiche di sicurezza, ritengo che le scuole di New York dovrebbero abbandonare l’utilizzo di Zoom il più presto possibile”, le sue parole riprese da TechCrunch.

“Ci sono molti nuovi componenti per l’apprendimento remoto e stiamo cercando di prendere delle decisioni nel miglior interesse del nostro personale scolastico e, soprattutto, degli studenti”, ha poi aggiunto.

Problemi di sicurezza

Ma in cosa consistono esattamente questi problemi di sicurezza? L’elenco dei “bachi” riscontrati in queste ultime settimane in cui l’utilizzo della piattaforma è letteralmente esploso è lungo e, per certi versi, sconcertante. In buona sostanza, i dati e la sicurezza degli utenti verrebbero gestiti in modo inadeguato.

Gli esperti di sicurezza, infatti, hanno individuato nelle scorse settimane la possibilità di leggere (e quindi rubare da parte di malintenzionati) le password di Windows mentre si usa l’app, di penetrare all’interno di un Mac come amministratore o, addirittura, di prendere il controllo di microfono e webcam attivandoli contro il volere degli utenti.

Per non parlare del cosiddetto “Zoombombing”, che consente a sconosciuti di irrompere in conversazioni non protette e di postare, a proprio piacimento, materiale ritenuto “pericoloso” soprattutto per un pubblico più giovane e/o sensibile. Ultima, ma solo in ordine di tempo, l’ammissione (con tanto di scuse annesse) da parte dell’azienda di San José, di aver “erroneamente” instradato alcuni dati degli utenti attraverso server collocati in Cina.

Una transizione complicata

Nonostante le numerose criticità riscontrate nell’utilizzo di Zoom, la transizione ad altri servizi di videoconferenze per le scuole newyorkesi non sembra poter avvenire in maniera rapida e indolore. Secondo alcuni presidi della Grande Mela, infatti, il suo principale competitor, Microsoft Teams, risulterebbe più complicato da utilizzare.

“Utilizzare Zoom per la formazione scolastica è stato un grande passo in avanti”, ha raccontato un preside di Brooklyn in una intervista anonima su chalkbeat. “Una decisione di questo tipo rischierebbe di prendere tutto il lavoro che abbiamo fatto e buttarlo nel gabinetto. Ma cosa ancora più grave, si rischia di perdere alcuni bambini lungo la strada”. Un parere che, a quanto pare, non è isolato: “Non sono sicuro che il Dipartimento e il sindaco comprendano appieno l’impatto di decisioni come questa”, gli ha fatto eco un secondo preside.

A cercare di rassicurare studenti e dirigenti scolastici, però, ci ha pensato ancora Filson, secondo cui il Dipartimento ha già iniziato a formare le scuole per utilizzare Microsoft Teams. “Sosterremo il personale e gli studenti nel passaggio a piattaforme diverse come Teams, che hanno le stesse capacità con adeguate misure di sicurezza”, ha affermato. Questione chiusa, dunque, ma non del tutto.
“Il Dipartimento continua anche a rivedere e monitorare gli sviluppi con Zoom, che potrebbe essere approvato per l’uso in un secondo momento”, ha chiosato Filson.

Andare avanti, dunque, nonostante l’emergenza a patto che tutti, studenti compresi, siano messi in condizione di sicurezza.

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