Amen. In una frazione che doveva essere di trasferimento, il Tour de France è tornato ad essere Tour de France. Scatti, rasoiate, trenate, ventagli: il torpedone colorato si è sgretolato in gruppetti e drappelli, con parecchi big e aspiranti tali impigliati e attardati in una tappa mirabile (voto 163, come i km di spettacolo) che rappresenta la quintessenza della Grande Boucle. La squadra di Peter Sagan (voto 8, anche se non si ricorda più come si vince) si chiama Bora (voto 10), e manco a farci a posta, ha fiutato il vento. Nel portare in carrozza l’asso slovacco a un traguardo volante, i neroverdi hanno disintegrato letteralmente il plotone, grazie a un primo grande ventaglio che ha segato gambe e aspirazioni dei velocisti principi Ewan, Bennett e Nizzolo (voto 5 alla triade).
Sagan è un vecchio boiardo del Tour: a bocca asciutta vive male, ma ha capito che quest’anno non c’è la gaiezza dei tempi andati. Per l’amata maglia verde, e per tentare di sgraffignare una tappa, c’era da inventarsi qualcosa. Con Daniel Oss (voto 8, infaticabile) e gli altri passistoni della sua banda, ha tirato il collo a tutto il gruppo, dando il là a uno spettacolo luccicante. Di quelli che solo il Tour de France sa regalare. Meritava un vincitore degno, cotanta tappa, e ne ha avuto degnissimo: ancora Wout Van Aert (voto 25, come i suoi anni: ci farà divertire a lungo), il golden boy al quale in questo 2020 viene tutto sin troppo facile. Lo sprint con cui ha giubilato Boasson Hagen e Coqard (7,5 a tutti e due, bravi a resistere all’Armageddon), è un altro lampo di classe pura.
Tour de France, la Jumbo-Visma esce rinforzata
Insomma, nel giorno dei fuochi d’artificio, la Jumbo-Visma (voto 8) è uscita rafforzata. Terzo urrà in sette tappe, e i due big Roglic e Dumoulin (8, come sopra) belli paciosi nel primo gruppo. Milionesima dimostrazione che al Tour senza squadra è difficile trovare la quadra (passate la cacofonia). L’altro big team (Ineos: voto 10 ieri), è stato l’artefice della seconda tremenda trenata che ha sorpreso parecchi pesci grossi dell’acquario. Figure in odor di podio, si sono ritrovate nel drappello del fiatone. A cominciare dal virgulto Pogacar (voto 5: iellato guasto con le forature, ma ieri doveva essere più avanti al momento della fiondata). Passando poi al duo della Trek, Mollema-Porte (voto 4: uno dei due aveva l’obbligo di non farsi pigliare in castagna). L’olandese, silente dieselone, tanto tanto. L’australiano invece, detto francamente, si fa fatica ormai ad annoverarlo come uomo di classifica, visto che ogni anno al Tour ne ha una diversa. Le bramosie di gloria del prode Richie andrebbero un tantino ridimensionate.
Infine Mikel Landa (voto 3). Alla sua vera prima esperienza da capitano, il basco ha compromesso subito tutto. E’ incredibile come nei momenti topici sia sempre al posto sbagliato. Carpe diem, è il detto quanto più distante da lui. Male per il prode Mikel, bene per lo spettacolo: ora non potrà starsene più al calduccio nella pancia del gruppo a sonnecchiare. Lui e il suo braccio destro Damiano Caruso, già da oggi pomeriggio, ce li aspettiamo all’attacco. Se sta bene, sulle grandi salite Landa resta tra i pochi che può rompere lo strapotere Jumbo-Ineos e creare scompiglio vero. Male anche Carapaz (voto 5): è lontano parente di quello del Giro d’Italia dell’anno passato.
Adam Yates rimane in giallo
Bravi invece Bernal, Quintana, Uran e soprattutto Adam Yates, che per il terzo giorno è rimasto in giallo (voto 8 a tutti). Oggi classica tappa pirenaica con tre colli veri: da Cazeres sur Garonne a Loudenville, 141 km col de Mentés, il Port de Bales (Hors categorie) e il blasonato col de Peyresourde, prima della picchiata tecnica verso il traguardo. Sarà complicato sbaragliare la concorrenza, ma sarà anche impossibile bluffare. Se la gamba non gira, sarà un pomeriggio acidulo.