Dopo lo sdrucciolevole primo atto (voto 0), tra capitomboli, carreggiate oleose e prime vittime di vaglia (Gilbert rotula rotta, Degenkolb in ospedale al suo fianco, Pinot ancora in gara ma ammaccatissimo), sui colli che vegliano sulla Costa Azzurra arriva la stoccata di D’Artagnan nell’insolito Tour de France di fine estate. Julian Alaphilippe (voto 11), su un percorso tagliato su misura per le sue caratteristiche di dinamitardo da corsa scoppiettante, innaffia tra le lacrime per suo papà la maglia gialla di cui già un anno fa fu proprietario per mezza Grande Boucle. Oltralpe lo osannano: potrà quest’anno azzardarsi a fare classifica? L’impressione, al momento, è che questo coraggioso 28enne dello Cher rimanga un formidabile finisseur, di quelli che possono far male su ogni strappetto. Il Tour sfiancante e all’insegna del dislivello che ci attende richiede resistenza e resilienza: di certo il disegno non lo aiuta. Guai però a darlo per domo.
Hirschi ultimo ad arrendersi
Sul traguardo di Nizza, l’ultimo ad arrendersi al beniamino francese è Hirschi (voto 10), ragazzotto svizzero alle prime armi dotato di gran gamba. Con loro un ritrovato Adam Yates (voto 8), in gioventù più quotato del gemello Simon, reduce però da un triennio sbiadito con più dolori che gioie. Patti chiari: nell’anno della grande pandemia, il Tour propone un tracciato spaccagambe da subito.
I primi ad esserne consapevoli sono i moschettieri gialloneri della Jumbo-Visma (voto 5). Squadra da battere designata, nel vivo della tappa diventa protagonista di un forcing portentoso non si sa bene a che pro. Roglic (voto 6 meno), il grande favorito della vigilia, pare ancora “suonato” dall’incidente al Giro del Delfinato. Più pimpante l’altro asso Dumoulin (voto 7), caduto nel momento peggiore per cadere, rientrato però nel gruppo dei migliori senza versare una stilla di sudore.
Da Bernal a Quintana, da Uran a Mollema, da Carapaz al giovane Pogacar (voto 7 per tutti), gli aspiranti al podio dei Campi Elisi sono tutti vigili e presenti. C’è poco da ridere, invece, in casa Italia. Fabio Aru (voto 1) vive un’altra giornata da tregenda. Una delle tantissime, purtroppo, dell’ultimo biennio: il golgota del sardo sembra non avere fine. L’unica cosa che potrà fare, arrivati a questo punto, è dare una mano proprio a Pogacar nella UAE. Un luogotenente di lusso (Sagan escluso, Aru è il corridore al via del Tour col contratto più alto). Ad oggi pare che non abbia gambe neanche per fare da gregario. Abbastanza brillanti Trentin e Bettiol (voto 7 per tutti e due). Encomiabile, invece, il veterano di Lucania Domenico Pozzovivo (voto 10). Ridotto a un mosaico di garze e cerotti dopo l’infausta prima frazione, di mestiere il piccoletto della NTT è riuscito a salvare la gamba meglio di tanti altri. Certo è che per lui ora l’obiettivo è sopravvivere.
Tour de France e Coronavirus
Rammentiamo: Pozzovivo è abraso dalla testa ai piedi grazie a un fenomeno che a bordo strada lo ha scaraventato sull’asfalto per farsi un selfie. Questo apre l’irrinunciabile capitolo sulla bolla da Covid-19: non ci siamo (voto all’organizzazione, 3). In Francia il pallottoliere dei contagi si aggiorna alla velocità della luce, ma proteggere la corsa al momento pare davvero una chimera. Il distanziamento, ai bordi della strada, è una boutade. A Nizza, città transalpina di quelle con più focolai, tanti ammassamenti e poche mascherine. Il governo francese prevede un’escalation di casi in questo mese di settembre: con questi accorgimenti-barzelletta, la carovana l’Arco di Trionfo rischia di non vederlo. Il protocollo, è noto, è stringente: ogni team sa che con due positivi si va a casa. Gli organizzatori si affidano al buon senso degli appassionati: campa cavallo. Terza tappa tutta sul tagadà, con 3 mila metri di dislivello e rotti prima di una possibile più che probabile volata tra gli sprinter che reggeranno le montagne russe: Nizzolo e Viviani avvisati.