La tappa regina, con arrampicata sul Col de la Loze davanti a un plaudente presidente Macron, ha fornito sentenze semi-definitive sul Tour de France 2020. Il re assoluto della corsa è Primoz Roglic (voto 11, come il suo numero di gara, che con ogni probabilità incornicerà tra una settimana). Lo sloveno ha dimostrato di esser superiore a tutti di testa, ma di non essere inferiore a nessuno nemmeno di gambe. Nella salitaccia finale, che lui stesso ha etichettato come “brutale”, ha fatto prima il “buco” al compagno Sepp Kuss (voto 10), cercando di lasciarlo correre verso il successo di tappa. Poi, resosi conto che nella tenzone con Miguel Angel Lopez (voto 10) per l’americano non poteva esserci trippa per gatti, si è lanciato da solo all’inseguimento del colombiano, mandando fuorigiri persino il connazionale Tadej Pogacar (voto 7, ieri meno pimpante). L’impressione è che, se non avesse spalleggiato Kuss, Roglic ieri avrebbe potuto senza problemi vincere. Lo ha fatto invece con merito Lopez, issandosi sul podio provvisorio in classifica generale. Ora però Roglic inizia già a pregustarsi tinto di giallo sotto la Tour Eiffel: il grosso è davvero fatto.
Landa e lo scempio tattico Bahrain
Riavvolgiamo quindi il nastro, perché quella di ieri non è stata una tappa qualunque. Lo avevamo preannunciato: per far saltare il banco della generale, era necessario agitare le acque già sul Col de la Madeleine. Invece abbiamo assistito a uno scempio tattico con pochi precedenti. In testa al gruppo, ad inseguire uno sparuto quintetto di fuggitivi composto da Carapaz, Kämna, Alaphilippe, Izagirre e Martin, non c’era la Jumbo-Visma. A mulinare con Colbrelli, Poels, Bilbao e Caruso (voto 40, 10 per uno), c’era la Bahrain-McLaren. Abbiamo tutti pensato: caspita, oggi Mikel Landa (voto 0) scatenerà l’Armageddon. Macché. I luogotenenti del basco (encomiabili), si sono trasformati nei migliori alleati di Roglic, scortandolo di fatto su la Madeleine. Poi sull’ascesa finale, non appena il gioco si è fatto duro, il loro capitano ha alzato bandiera bianca. Un flop con pochi precedenti, con colpe da suddividere tra lo scalatore iberico (nulla da fare: da capitano non è mai a suo agio) e l’ammiraglia del diesse Gorazd Stangelj. Che, seppur sloveno, dubitiamo volesse portare Roglic in carrozza al traguardo.
Tour de France: tanto da pedalare verso il podio
Spiace e non poco per Damiano Caruso, autore di un Tour de France monumentale, pilastro inamovibile della nazionale del Ct Cassani per il mondiale di Imola (diffusa ieri la lista allargata dei convocati). Il siciliano, considerati i polpacci duri di Landa, avrebbe a questo punto meritato di poter correre lui per giocarsi le sue carte. Sudando e pedalando per il basco, si ritrova a portata di top ten: è uno dei gregari “deluxe” del gruppo, e andrebbe ricompensato con i galloni di capitano per qualche corsa futura.
Resta in lizza per il podio Richie Porte (voto 8), che nella crono di sabato può scalzare Lopez. Il capitano dell’Astana oggi, nell’altra frazione alpina, dovrà inventarsi qualcosa per puntellare il terzo posto, visto che nelle corse contro il tempo è tutt’altro che un drago. Più complicato il discorso per Rigoberto Uran: ieri alla fine era a corto di birra e ha pagato (voto 5). Golgota assoluto invece per Nairo Quintana (voto 0): una tappa che in passato lo avrebbe esaltato, ieri ha finito per inghiottirlo. Oggi di nuovo tanto dislivello, con una salita, il Col des Fleuries, dalle pendenze micidiali. Dopo di essa però c’è tanto da pedalare prima dell’arrivo: difficile ribaltare la faccenda.