Eccoci di nuovo in sella. Dopo sette giornate, è tempo un attimo di pigliare la lente di ingrandimento e puntarla sulla Serie A. In concomitanza con una sosta per le nazionali della quale sfugge totalmente la logica, a meno che non si sia sbronzi di Stock 84. Col mondo intero traumatizzato e perlopiù disarmato dal Covid-19, andarsele a cercare con evitabili viaggi e pericolosi mischiaticci tra giocatori che vivono in Paesi e contesti diversi, è roba da Nobel alla beozia. Per cosa poi? La Nations League. Competizione ai primi vagiti, assolutamente rinviabile. Che tra forfait, tamponi positivi e paure di varia natura, rischia di trasformarsi in un remake cosmopolita delle sfide scapoli-ammogliati di fantozziana memoria. Però, questo è: il carrozzone internazionale così ha deciso. Con tanti saluti ai rischi di fermare un paio di dozzine di campionati.
Veniamo a casa nostra dunque. Questo primo assaggio di torneo ci ha detto già una cosa. Col non mercato a cui abbiamo assistito a fine estate, i valori si sono livellati e di molto. E per ora l’equilibrio è l’ingrediente più sapido di un campionato che ancora schifisce i puristi del giuoco, ma che in tempi di covid-19 e di mondo dello sport sempre a un centimetro dall’altolà generale, è abbondantemente commestibile. La riprova di questo rimescolio di carte, è il primo posto del Milan (voto 9). L’allegra brigata di Pioli (cinque vittorie e due pareggi) va che è un amore. C’è entusiasmo, complicità e cazzimma in casa Diavolo. La reazione col Verona ne è l’esempio: se Ibrahimovic avesse segnato il rigore, il bottino pieno sarebbe arrivato con ogni probabilità.
Già, Ibra: un’iradiddio. C’è poco da dire: è la pietra angolare dell’impianto di Pioli, lo svedese. Difficile che possa reggere a questi livelli e con cotanto fatturato. Però lo dicono tutti da mesi: “vedrete, calerà”, ma poi non cala. Intanto a Milanello è toda gioia. E in molti, da Leao fino al nuovo arrivo Tonali, debbano ingranare. La pietanza più appetitosa del calcio nostrano però si chiama Sassuolo (voto 9,5). La squadra di De Zerbi, col suo fare frizzante e propositivo, macina gioco e punti al motto di “tutti utili, nessuno indispensabile”. L’intercambiabilità di molti elementi è il vero quid in casa neroverde.
Cielo sereno, anzi serenissimo, anche in casa Roma (voto 8). L’exploit di Mkhitaryan è solo l’ultimo dei segnali positivi per Fonseca: i giallorossi sono estemporanei e convinti, e forse hanno una rosa più lunga e varia di quanto essi stessi potessero sperare. È convincente anche l’avvio in Serie A del Napoli di Gattuso (voto 7,5: senza il ko interno col Sassuolo ci andrebbe un punto in più). Oshimen è il vero colpaccio dello strambo mercato estivo: la mole di gioco di questo infaticabile nigeriano fa spavento. Lozano, che non è un nuovo acquisto ma è come se lo fosse, ha tutt’altra birra in corpo rispetto a un anno fa: l’impressione è che l’intero gruppo azzurro, nel suo complesso, abbia ampio margine.
E ora scendiamo alle note dolenti di questo campionato di Serie A. La Vecchia Signora (voto 5,5) del nocchiero Pirlo va ben oltre il concetto di cantiere aperto. Attenzione: la Juventus è imbattuta. Però la fatica è evidente, e la leziosità nei momenti topici pure. Qualche new entry (Arthur su tutti) è ancora da settare, nel collaudato telaio bianconero. Poi c’è la questione Dybala: l’argentino è un fattore destabilizzante. Ha sempre l’aria del bimbo capriccioso che vuole il dolcetto ogni domenica: non un buon viatico verso il rinnovo. È periodo di castagne, e troppe volte tocca al solito CR7 sfilarle dal fuoco all’esordiente Pirlo: la strada è lunga per ora. E tutta in falsopiano.
È invece in salita, anzi è quasi un Mortirolo, quella dell’Inter (voto 5). Conte sembra un nocchiero che ha perso di mano la briglia: quella specie di 3-5-2 informe che propina ogni week-end è scellerato. Ci si salva col guizzo del singolo, e non sempre. Per Eriksen servirà una puntata speciale di “Chi l’ha visto?”: e pensare che a centrocampo un po’ più di qualità serve come l’aria dopo sei ore filate di mascherina. In difesa poi, l’impaccio arriva puntuale e troppo frequente. Non ci siamo: per ora il progetto tecnico-tattico del Biscione è rimasto su carta.
All’insegna della discontinuità l’Atalanta (voto 6,5): tritatutto in avvio, poi con l’avvento della coppa è iniziata l’intermittenza. Che da Zapata a Gomez, da Pasalic a Gosens, riguarda tutti. In difesa poi si balla sempre, e ogni volta sono danze amare. Decisivo sarà il pieno recupero di Ilicic: è lui l’uomo del salto di qualità. In attesa di uscire dal pasticcio (voluto o no?) della querelle tamponi, anche la Lazio (voto 6) aspetta di capire tra un positivo e l’altro che china prendere. Caicedo finora è la maniglia a cui Inzaghi si è dovuto aggrappare. La squadra però va vista a pieno regime. Bene, anzi benissimo, il Verona di Juric (voto 8): poche idee ma chiarissime. E questo Barak pare planato da Marte.
Grande solidità in Serie A anche per Cagliari e Sampdoria (voto 7): entrambe quadratissime. Alla Fiorentina (voto 6-) arriva Prandelli: la società continua a sbandare a destra e a mancina senza un minimo di raziocino. Sciala lo Spezia (voto 7,5), già con due vittorie e otto punti: Pobega la nota più lieta di tutte. Da rivedere Parma e Bologna (voto 5,5): possono fare entrambe molto di più, in particolar modo la squadra di Liverani. Appeso a un filo il Torino di Giampaolo (voto 5), troppo zoppicante. Stitichezza offensiva è invece il guaio sia del Genoa (voto 5) sia dell’Udinese (voto 4,5): l’impressione è che dovranno rimetter mano al portafogli per salvarsi. Approcci opposti invece per le neopromosse Benevento (5,5) e Crotone (voto 4,5). I primi hanno potenzialità, ma giocano in maniera raffazzonata e chiusa: nonostante questo, hanno già preso 20 reti. I calabresi, al contrario, osano forse troppo per l’organico che hanno. E puntuali arrivano le legnate. Entrambi i gruppi vanno messi un po’ in bolla, altrimenti si riscende al piano di sotto per direttissima.
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