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Mondiali senza Italia e quel treno perso | Le 900 pagine ignorate di Roberto Baggio

Dopo il 2017, il 2022. La catastrofe è servita per la Nazionale italiana, che come cinque anni fa contro la Svezia perde la partita decisiva per disputare la successiva edizione dei Mondiali. Ma la batosta fa ancora più male, perché stavolta gli Azzurri sono caduti contro la più debole Macedonia del Nord, e da campioni d’Europa in carica. Inevitabile ora pensare a quali errori si potessero evitare e quali occasioni mancate sfruttare. E una di esse riporta in auge il nome di Roberto Baggio.

Il Divin Codino, se fosse stato in campo a Palermo, avrebbe risolto la partita degli uomini di Roberto Mancini contro la tignosa Macedonia del Nord? Probabilmente sì. Ma non è questa la più grande occasione mancata della Nazionale riguardo a Roberto Baggio. Meno di dieci anni fa, infatti, si verificò una sliding door in piena regola in zona Federcalcio. E oggi, con la consapevolezza dei secondi Mondiali consecutivi saltati, è impossibile non ripensarci.

Mondiali, Roberto Baggio poteva salvare l’Italia? Il suo progetto

Non tutti si ricordano, forse, che Roberto Baggio è stato per un breve periodo Presidente del Settore tecnico della Federazione. La sua nomina risale al 4 agosto 2010 e doveva essere una risposta ai deludenti Mondiali in Sudafrica. Poi però tutto naufragò, e pensare a cosa potesse cambiare in quegli anni è uno dei grandi rimpianti di oggi.

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L’addio di Roberto Baggio si concretizzò il 23 gennaio 2013. E il grande campione, nonché leader tecnico della Nazionale ai Mondiali 1990, 1994 e 1998, se ne lamentò al TG1. “Lascio perché non mi hanno permesso di lavorare“, spiegò. Quindi illustrò all’Italia intera quale calcio avesse in mente: “Ho provato a esercitare il ruolo che mi era stato affidato, per rinnovare le fondamenta della formazione, dai bambini e i ragazzi, per crescere buoni calciatori. Non mi è stato consentito e non sono più disposto ad andare avanti. Ho presentato il mio progetto nel dicembre 2011, 900 pagine, ed è rimasto lettera morta“. E quelle stesse 900 pagine comparvero diversi anni dopo in diretta nazionale. Le mostrò infatti Fabio Fazio, durante l’episodio del 26 maggio 2019 di “Che tempo che fa“.

Un nuovo calcio, in Italia, era dunque possibile. E Roberto Baggio lo aveva in mente. Quelli erano i primi anni in cui il movimento aveva iniziato a dare concreti segnali di scricchiolamento, e anche la FIGC lo aveva capito. Aveva quindi cercato concretamente una scossa, salvo poi rinunciarvi. “Aveva anche stanziato 10 milioni di euro – ricordò nella sua intervista del 2013 il fuoriclasse che fece innamorare Vicenza, Fiorentina, Juventus, Milan, Bologna, Inter e Brescia. Sono grato ad Abete per quello che ha fatto. Ma ad oggi non ho ricevuto alcun fondo per procedere, e tutto è rimasto sulla carta. Per questo a malincuore dico addio“.

Nel 2010, anno dell’elezione di Roberto Baggio, l’Italia perse contro Paraguay, Nuova Zelanda e Slovacchia il (facile) girone di un Mondiale affrontato da campione in carica. Nel 2012 arrivò alla finale degli Europei, illudendosi di aver superato una crisi divenuta poi galoppante. In Brasile, nel 2014, l’Uruguay e il morso di Suarez a Chiellini, a Euro 2016 l’illusione Antonio Conte e i rigori malamente sbagliati da Pellè e Zaza, quindi i Mondiali 2018 e 2022 senza di noi.

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In mezzo sì, Euro 2020. Il nostro Europeo, vinto con un grande gruppo e sovvertendo ogni pronostico. Che però, ancora una volta, ha avuto l’effetto di nascondere i problemi sotto il tappeto. Perché se la crisi è certamente anche tecnica, è soprattutto di idee. Roberto Baggio ci aveva provato, non è bastato. E le conseguenze sono ora evidenti, con una nuova edizione dei Mondiali pronta a disputarsi senza la bandiera dell’Italia.

Marco Enzo Venturini

Giornalista pubblicista dal 2018, entrare nell'albo è stato contemporaneamente un traguardo e una nuova partenza di una rincorsa iniziata sei anni prima scrivendo per diverse realtà editoriali sul suolo nazionale. O forse già quando, a cinque anni, il mio gioco preferito era una vecchia macchina da scrivere di famiglia. Appassionato di politica, geografia, cinema e sport, oltre che della lingua italiana: mi piace provare a scrivere ciò che vorrei leggere.

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