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SPORT

Michael Schumacher, 7 anni fa l’incidente: un silenzio che è amore

In questo disgraziato 2020 si è inevitabilmente parlato molto di lui. Per i primi vagiti da pilota di Formula 1 del figlio Mick, ma anche per i diversi record fatti registrare da Lewis Hamilton. Con l’anglo-caraibico alla rincorsa di una leggenda che i detrattori ritengono alla sua portata solo grazie a un’epoca particolarmente propizia, basata sulla totale supremazia tecnica della Mercedes e all’assenza di un vero e proprio rivale. Nel frattempo, però, è arrivato un altro 29 dicembre. E questo significa che un altro anno è trascorso dal terribile incidente di Michael Schumacher sulle nevi di Meribel. Un giorno che ha creato un nuovo mondo intorno al Kaiser delle quattro ruote. Un mondo in cui la parola d’ordine è: silenzio.

Era il 29 dicembre 2013, e nel mondo si stava vivendo una giornata in linea con quello specifico periodo dell’anno: il Natale era alle spalle e ci si preparava all’imminente Capodanno. Nessuno avrebbe pensato di scoprire il lato più umano e fragile di un uomo che nell’immaginario collettivo somigliava a un supereroe. E invece, improvvisamente, Michael Schumacher diventò qualcosa di diverso. Quasi un simbolo di come il mondo possa cambiare in un solo battito di ciglia. E di come un dramma debba essere vissuto con il massimo riserbo e rispetto possibile.

L’inevitabile domanda: “Come sta Michael Schumacher?”

I primi giorni furono tumultuosi, ma già caratterizzati da quell’assordante silenzio a cui presto ci saremmo abituati. Schumacher era ricoverato a Grenoble, in coma farmacologico. Poi, dopo sei mesi, uscì dal coma e fu trasferito in una clinica privata. Quindi fece ritorno nella sua villa svizzera di Gland, trascorrendo anche dei periodi nella più calda Maiorca. Di più, non si sa.

Fu la portavoce di famiglia, Sabine Kehm, a spiegare al mondo mese dopo mese le condizioni del campionissimo. Poche comunicazioni, essenziali, per rispondere alla domanda che assillava il mondo intero: “Come sta Michael Schumacher?“. Quella domanda che, nel corso quest’anno, un po’ tutti ci siamo vergognati a porci. Ma che, mentre Lewis Hamilton vinceva il settimo titolo mondiale (come Schumi), mentre lo raggiungeva e poi superava nel numero di vittorie in Formula 1, mentre si apprestava a eguagliare il suo record di vittorie stagionali (non riuscendoci), è rimbalzata nella mente di tutti.

Una scelta della famiglia, un obiettivo raggiunto

Sono passati sette anni, durante i quali Michael Schumacher ha portato avanti la sua personale battaglia. Lo ha fatto nel suo nuovo mondo, circondato dalle persone davvero importanti della sua vita. Occasionalmente qualcosa è trapelato sulle sue condizioni: amici, ex colleghi, persone più o meno celebri hanno raccontato di aver parlato con lui, trascorso qualche ora insieme, addirittura visto una gara. Non sappiamo quale sia la verità. A parte un aspetto, che è il più importante: che non spetta a noi saperne di più.

Perché sin da quel tremendo 29 dicembre 2013 ciò che domina intorno a Schumacher è il silenzio. Questa è stata la scelta della sua famiglia, questo è stato il traguardo che sono riusciti a ottenere in questi sette lunghi anni. Un risultato non da poco, in un mondo in cui ormai tutto è chiacchiera, urlo, polemica. Tranne quando si parla del Kaiser. Che è vivo e sta lottando, di più non sappiamo. E dobbiamo rispettarlo.

Marco Enzo Venturini

Giornalista pubblicista dal 2018, entrare nell'albo è stato contemporaneamente un traguardo e una nuova partenza di una rincorsa iniziata sei anni prima scrivendo per diverse realtà editoriali sul suolo nazionale. O forse già quando, a cinque anni, il mio gioco preferito era una vecchia macchina da scrivere di famiglia. Appassionato di politica, geografia, cinema e sport, oltre che della lingua italiana: mi piace provare a scrivere ciò che vorrei leggere.

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