Razzismo, purtroppo quello contro Koulibaly è solo l’ultimo caso

La Procura Federale della Figc ha appena aperto un’indagine in relazione agli insulti razzisti rivolti da tifosi della Fiorentina al calciatore del Napoli Kalidou Koulibaly. Una volta acquisiti i referti dei propri ispettori e ascoltato il calciatore, la Figc rende noto in un comunicato ufficiale che “nelle prossime ore saranno compiuti ulteriori atti istruttori acquisendo gli atti pertinenti dalla Questura di Firenze”. Purtroppo quello che è successo ieri a Koulibaly durante Fiorentina-Napoli non è il primo caso di razzismo nei confronti di un calciatore. I precedenti (solo in Italia) sono tantissimi e c’è purtroppo drammaticamente l’imbarazzo della scelta.

I casi precedenti di razzismo rispetto all’ultimo di Koulibaly

Nel 2005, in occasione di Messina-Inter, Marco André Zoro fu vittima di fischi e insulti razzisti da parte della tifoseria nerazzurra. Il calciatore minacciò di abbandonare il campo per protesta. Poco dopo rientrò in campo, forte del sostegno della sua squadra e dei tifosi del Messina. Dopo una generale solidarietà espressa al giocatore e le scuse da parte del club meneghino per il comportamento dei propri sostenitori, ci fu l’identificazione dei responsabili e al conseguente Daspo a carico di essi.

Nel nostro campionato altri giocatori hanno subìto lo stesso vergognoso trattamento di Koulibaly. Nel 2013 fu Kevin Prince Boateng a dire basta: scagliò con rabbia il pallone in curva, si tolse la maglia e se ne andò, seguito dagli altri dieci giocatori del Milan, su decisione del capitano Massimo Ambrosini. L’amichevole Milan-Pro Patria venne così sospesa per cori razzisti a Busto Arsizio. Nel 2017, Sulley Muntari venne addirittura espulso durante un Cagliari-Pescara. Ricevette infatti una doppia ammonizione: una per proteste contro l’arbitro per non essere intervenuto mentre alcuni tifosi sardi gli intonavano dei buù razzisti, la seconda per aver lasciato il campo senza autorizzazione.

Gli episodi riguardanti Balotelli ed Eto’o

Stagione 2000-2001. Akeem Omolade, attaccante del Treviso, entra in campo dalla panchina, in casa, contro il Pescara. La curva del Treviso lo ricopre di fischi. Un episodio che colpisce i compagni di squadra, che nella seguente gara interna, contro il Genoa, scendono in campo col volto dipinto di nero: i titolari, i giocatori della panchina e l’allenatore. Omolade entra nella ripresa e segna. Nel 2012, l’attaccante nigeriano del Varese, con cittadinanza italiana, Giulio Ebagua, mostra il dito medio ai suoi tifosi, che lo fischiano e fanno partire i buu dopo un suo gol contro la formazione dilettante del Pontisola.

E poi c’è Balotelli. Nel gennaio 2010, dopo Chievo-Inter. SuperMario dichiara: “Voglio dire una cosa: ogni volta che vengo qui a Verona mi rendo conto che questo pubblico mi fa sempre più schifo. Motivo dello sfogo i cori razzisti contro di lui, per tutta la partita. Pochi mesi dopo a Cagliari si rischia di non giocare per i fischi a Samuel Eto’o a inizio partita e durante il riscaldamento. Il camerunese scuote la testa. Poi segnerà un gol capolavoro e si prenderà la rivincita rispondendo ai suoi detrattori con un’ironica danza da scimmia. Prima di Koulibaly, l’ultima vittima di razzismo è stato Mike Maignan durante Juventus-Milan.

Che cosa succede all’estero

Purtroppo anche all’estero ci sono stati tanti episodi di razzismo. Impossibile ricordarli tutti. Nel 2011 Roberto Carlos gioca in Russia, nell’Anzhi. La partita è a Samara. La “torcida” russa gli lancia le banane dagli spalti in segno di contestazione razzista. Lui sbotta: “Spero che l’uomo che mi ha lanciato quella banana non metta mai più piede in uno stadio”. A proposito di banane, nel 2014 Dani Alves ne raccolse una a terra e la mangiò in segno di dileggio nei confronti di quei tifosi razzisti, durante Villarreal Barcellona. Altri episodi, per citarne alcuni, riguardarono Marega (Porto), Zaha (Crystal Palace), Taison (Shakhtar). Infine, il più recente, sono gli insulti razzisti piovuti addosso sui social a Marcus Rashford, Bukayo Saka e Jadon Sancho, “colpevoli” agli occhi di una frangia razzista del tifo inglese di avere sbagliato i tiri di rigori nella finale degli Europei conto l’Italia. E, di conseguenza, di aver causato la sconfitta dei Tre Leoni.

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