Dagli esordi in Svezia passando per la panchina dell’Inghilterra e lo storico scudetto con la Lazio, il viaggio di un tecnico che ha lasciato un buon ricordo ovunque sia passato
Sven-Göran Eriksson, una delle figure più iconiche del calcio mondiale, ci ha lasciati all’età di 76 anni il 26 agosto 2024, colpito da un tumore al pancreas che ha segnato i suoi ultimi mesi di vita. La sua dipartita segna la fine di un’epoca per il calcio, un mondo che Eriksson ha attraversato con passione, competenza e una personalità che lo ha reso amato e rispettato ovunque andasse. Le sue ultime parole, affidate a una docu-serie di prossima uscita, riecheggiano come un testamento: “Non dispiacetevi, sorridete piuttosto, e pensate ai momenti belli. Grazie a tutti, giocatori, colleghi, presidenti, tifosi. Prendetevi cura della vostra vita, e vivetela fino in fondo”.
La carriera di Eriksson è stata un viaggio straordinario, iniziato nei primi anni ’80 con il trionfo in Coppa UEFA alla guida del Göteborg, una vittoria che lo ha consacrato a livello europeo. Da lì, il maestro svedese, come veniva affettuosamente chiamato, ha portato il suo stile di gioco innovativo, basato su pressing alto e velocità, in giro per l’Europa, con tappe memorabili al Benfica e poi in Italia, dove ha vissuto gli anni più gloriosi della sua carriera.
Arrivato in Italia a metà degli anni ’80, Eriksson ha subito lasciato il segno alla guida della Roma, conducendo la squadra alla vittoria della Coppa Italia. Tuttavia, è stato con la Lazio che ha raggiunto l’apice del suo successo nel calcio italiano, vincendo lo scudetto nella stagione 1999-2000, un trionfo che rimane nella memoria di tutti i tifosi biancocelesti. La sua Lazio, con campioni come Mancini, Simeone, Veron, Nedvd e molti altri, è ancora oggi ricordata come una delle squadre più spettacolari di quel periodo.
La sua abilità tattica e il suo carisma lo hanno portato a ricoprire un ruolo storico: Eriksson è stato infatti il primo allenatore straniero a guidare la Nazionale inglese, incarico che ha ricoperto dal 2001 al 2006. Durante questi anni, nonostante le pressioni mediatiche e le aspettative altissime, Eriksson ha saputo mantenere un’integrità e un’eleganza che gli sono valse il rispetto di tutti, tanto da meritarsi l’appellativo di “vero gentiluomo” da parte del principe William. La sua avventura inglese, pur non culminando con i successi sperati, ha consolidato la sua fama a livello mondiale, rendendolo un’icona del calcio britannico.
Negli ultimi mesi di vita, Eriksson ha realizzato un ultimo sogno: sedersi sulla panchina del Liverpool, club che ha sempre amato ma che non aveva mai allenato. L’accoglienza di Anfield Road è stata commovente, con una standing ovation che ha rappresentato il tributo di un mondo del calcio che lo ha sempre apprezzato e rispettato.
Le sue ultime parole nella docu-serie in uscita non sono solo un addio, ma un messaggio di speranza e una riflessione profonda sulla vita e sulla morte. “Ho avuto una bella vita, sì,” ha detto con serenità. “Penso che tutti noi abbiamo paura del giorno in cui moriremo. Ma la vita riguarda anche la morte. Dovete imparare ad accettarlo, per quello che è. Speriamo che alla fine la gente dica: ‘Sì, era un brav’uomo’. Ma non tutti lo diranno. Spero che mi ricorderanno come un uomo positivo”.
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