Per dare un calcio a una crisi inarrestabile, il Milan si affida a Zlatan Ibrahimovic. Dopo quasi 9 mesi dal 22 maggio 2022 (sua ultima gara in rossonero, a Reggio Emilia nel 3-0 scudetto contro il Sassuolo), lo svedese torna tra i convocati per la gara con il Torino, in programma domani venerdì 10 febbraio. Ad annunciarlo è stato il tecnico rossonero in conferenza: “Sta meglio. L’autonomia è quasi nulla perché ha fatto un mezzo allenamento e la rifinitura di oggi. Il suo ruolo è di grande motivatore e grande giocatore. Sarà con noi e questo è importante. Non è stato inserito nella lista Champions? Non ci sono rimpianti e non li ha nemmeno lui. La sua garanzia è troppo limitata”.
Torna con il Torino, forse anche per soli 10 minuti. O, peggio, nemmeno per uno, ma per fare spogliatoio e per svolgere al meglio il suo ruolo da leader all’interno di uno spogliatoio triste per le sette gare senza vittoria (cinque sconfitte e due pareggi). Intanto, però, come già noto, Ibrahimovic non è nella lista Champions. Non ha fatto in tempo per la massima competizione continentale a recuperare dall’operazione al ginocchio sinistro. Era finito sotto i ferri nel maggio scorso per la rottura del legamento crociato anteriore. La sua ultima presenza resta la gara di Reggio Emilia, quella del 19° scudetto, con tanto di gol segnato, ma annullato per fuorigioco. Poi la pesante diagnosi al ginocchio, non facile per un giocatore che in quale momento andava per i 41 anni, compiuti il 3 ottobre 2022, l’operazione, il recupero. In campo non si è più visto. Il Milan ha provato a tenere botta al Napoli fino a prima della sosta Mondiale, nonostante qualche gara ripresa all’ultimo, ha conquistato il secondo posto – e quindi gli ottavi – nel girone di Champions. Ma a gennaio le ambizioni dei rossoneri sono crollate e gli obiettivi si sono ridimensionati.
Prima di Pioli, il ritorno è stato annunciato da Ibrahimovic in persona in un’intervista esclusiva ai microfoni di Sportmediaset: “Sono ancora Dio, sono ancora il numero uno: adesso torno e cambia la musica”, ha detto a modo suo. “Ho grande voglia, voglio fare tante cose, quello che ho perso in questi sette, otto mesi. Ho perso tempo. La crisi? Non sono preoccupato, sono momenti normali all’interno di un campionato. Ora dobbiamo parlare poco e dimostrare in campo il nostro valore. Quelle rivolte a me? È normale ricevere critiche perché se non ti criticano non sei al top. Mi criticano da 25 anni perché sono il numero uno, sono abituato. È come mettere benzina sul fuoco e quando scherzi con il fuoco ti bruci”. E ancora: “Mi sento ancora Dio? Certo, non cambia niente. Non voglio tornare in campo per beneficenza, se entro in campo lo faccio per portare risultati e per fare quello che ho sempre fatto. Altrimenti non sarebbe una sfida per me, starei a casa a giocare coi miei figli. A 41 anni ho ancora tante pagine da scrivere anche perché la qualità non scompare, il fisico cambia, la preparazione fisica è diversa ma la qualità non va via, è una cosa che rimane. Nel mio caso non cambia. A chi non crede in Dio, lo farò vedere in campo, non a parole”.
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