Si chiama Yuki Nagasato, fa la calciatrice e il suo nome, da oggi, è scolpito nella storia dello sport per un motivo davvero particolare. L’atleta nipponica sarà infatti la prima professionista al mondo a giocare in una squadra di calcio maschile. 33 anni compiuti lo scorso 15 luglio, un Mondiale femminile in bacheca (quello del 2011) e un argento ai Giochi Olimpici di Londra 2012, Nagasato giocherà con l’Hayabusa Eleven, club della Kanagawa League (serie regionale giapponese corrispondente, grosso modo, alla nostra Seconda Categoria) in prestito dalle Chicago Red Stars, squadra della massima serie femminile degli Usa.
Nagasato, attaccante con grande esperienza all’estero (ha vinto la Champions League femminile con il Turbine Potsdam nel 2010 prima di giocare, tra le altre, anche nelle squadre ‘Ladies’ di Chelsea e Wolfsburg), farà compagnia al fratello Genki, componente della rosa dell’Hayabusa Eleven. Non perderà il contratto da professionista, che resta appannaggio delle Chicago Red Stars.
Durante la sua carriera ha contribuito non poco, forse più dei colleghi uomini, alla diffusione del calcio in un Paese che stravede per altri sport (baseball, soprattutto). In Nazionale ha raccolto 132 presenze, segnando 58 gol. Oltre alla Coppa del Mondo 2011 e all’argento olimpico del 2012, vanta con la maglia della rappresentativa nipponica anche la vittoria nel torneo dell’Asia Orientale del 2008 e il secondo posto alla Coppa del Mondo 2015.
Pur essendo la prima professionista, Yuki Nagasato non è la prima donna ad essere entrata in una squadra maschile. Solo un mese fa, la diciannovenne olandese Ellen Fokkema è diventata la prima ragazza a disputare partite ufficiali in una squadra maschile. Lo ha fatto con la maglia dei dilettanti del Foarut. Fokkema, però, non ha un contratto da professionista come Nagasato. Nonostante ciò, la Federazione olandese sta seguendo con grande attenzione le sue prestazioni. L’intenzione, se l’avventura dovesse avere esito positivo, è quella di modificare il regolamento e permettere alle donne di giocare insieme agli uomini.
Gli esempi di Nagasato e Fokkema, che hanno trovato concretezza nelle ultime settimane, fanno decisamente impallidire il timido precedente italiano, risalente addirittura a 17 anni fa. Era l’estate 2003, infatti, quando il compianto Luciano Gaucci, allora presidente del Perugia, si mise in testa di ingaggiare la tedesca Brigit Prinz, vincitrice (da capocannoniera) del Mondiale di quell’anno e considerata la più grande calciatrice dell’epoca.
Il progetto, però, naufragò sul nascere: allora non c’erano le basi, regolamentari e culturali, per una rivoluzione di questo tipo. Oggi, forse, si iniziano a intravedere.
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