Per il Barcellona, club calcistico fra i più importanti al mondo, l’obiettivo di mettersi alle spalle definitivamente l’annus horribilis 2021 passa inevitabilmente dal mercato. Le premesse di un 2022 da ricordare, in questo senso, ci sono tutte: Ferran Torres è già stato ufficialmente presentato, Alvaro Morata è vicinissimo, si parla persino di Erling Haaland. Anche se, in quest’ultimo caso, per la prossima stagione.
Proprio la portata dei nomi e degli investimenti, reali o potenziali, fa sorgere un dubbio non da poco: com’è possibile che un club con un debito complessivo di 1,4 miliardi di euro possa permettersi un mercato faraonico? Cerchiamo di capire insieme cosa è vero e cosa, invece, è fumo negli occhi.
Da potenza europea a nobile decaduta: il percorso a ostacoli del Barcellona
Come abbiamo spiegato in questo recente articolo, il Barcellona era uno dei club più in salute e vincente d’Europa fino a pochi anni fa. Una serie di decisioni manageriali avventate, unite agli inevitabili danni economici della pandemia di Covid-19, hanno portato la società a ridimensionare i suoi obiettivi. Tanto in campo quanto fuori. L’addio di Leo Messi, volato al Paris Saint-Germain, ha prodotto anche una sorta di danno d’immagine e a ottobre si era persino parlato di “rischio bancarotta”.
I vertici della Liga, che dal 2013 impongono tetti alle spese dopo aver analizzato la situazione economica dei club, avevano imposto al Barça, per questa stagione, un budget complessivo per gli stipendi (quelli dei calciatori già prima sotto contratto fanno eccezione) di 98 milioni di euro. Per fare un confronto, il budget dei blaugrana di due stagioni fa era di 660 milioni. Quello attuale dei rivali di sempre del Real Madrid è di 740 milioni.
L’arrivo di Ferran Torres e un mercato invernale 2022 all’insegna dei grandi nomi: com’è possibile?
Eppure, a fine dicembre, è arrivato l’annuncio dell’arrivo di Ferran Torres. A breve (si ipotizza dopo la Supercoppa Italiana) Alvaro Morata lascerà la Juventus proprio in direzione blaugrana. E il presidente Joan Laporta, dopo i “pianti” dei mesi scorsi, ha suggerito un assalto a Erling Haaland per portare il norvegese in Catalogna a luglio.
Per quel che riguarda Torres, è bene specificare che i 55 milioni destinati al Manchester City sono “spalmati” in quattro rate. Il problema è l’ingaggio dello spagnolo, che non rientra nel limite di 98 milioni di cui abbiamo parlato in precedenza. Per questo motivo il Barça non ha ancora potuto registrare Torres. Almeno finché non libererà spazio nel monte ingaggi vendendo un calciatore dallo stipendio medio-alto. Si parla, in questo senso, di Philippe Coutinho, Ousmane Dembelé e Samuel Umtiti.
Per quel che riguarda Morata, invece, la spesa sarà praticamente nulla a livello di trasferimento. Il calciatore, al momento alla Juventus in prestito dall’Atletico Madrid, prima di arrivare in Catalogna tornerà formalmente proprio ai Colchoneros, che lo scambieranno con Antoine Griezmann, che gioca proprio all’Atletico in prestito dal Barcellona. Per quel che riguarda lo stipendio vale il discorso fatto in precedenza: liberato lo spazio salariale, per integrare in rosa il centravanti 29enne non ci saranno difficoltà. Almeno sulla carta.
Haaland: può arrivare davvero o è un “diversivo”?
Molto diverso il discorso legato ad Haaland. I media spagnoli, infatti, non escludono si tratti semplicemente di un proclama di Laporta per “calmare” i tifosi blaugrana ormai spazientiti, dovendo accontentarsi di “operazioni nostalgia” come il ritorno di Xavi (nel ruolo di allenatore, in questo caso) per sorridere.
Qualcosa potrebbe cambiare in caso di qualificazione alla Champions League (al momento in cui scriviamo il Barcellona è fuori dalle prime quattro posizioni, ma sta provando a risalire dopo un momento di grande difficoltà) e, soprattutto, in caso di successo nell’Europa League.
La qualificazione alla massima competizione europea, la vittoria nell’ex Coppa Uefa e l’ingresso di nuovi sponsor qualora dovesse davvero arrivare il grande nome, potrebbero davvero rimpolpare le casse blaugrana, tornando a far sognare i sostenitori di quello che considerano “Més que un club”. L’impressione reale, però, è che non sia proprio tutto così semplice. Anzi.