Liverpool e Ajax, una fetta non irrilevante della storia del calcio europeo. Con loro, l’Atalanta. Da ore non si sta parlando d’altro a Bergamo, con i sorteggi della Champions League che hanno regalato alla formazione orobica ciò che il comunque eroico raggruppamento di un anno fa aveva in parte negato: un girone di coppa al cospetto di squadre dal forte profumo di mito. E quella piacevole sensazione di non presentarsi sul palcoscenico internazionale nel ruolo della vittima sacrificale. Basta leggere i commenti che arrivano da Amsterdam o dal Merseyside in queste ore. E pensare che il tutto iniziò nella più totale sordina quattro anni fa esatti.
Quando tutto stava per naufragare
Era il 2 ottobre 2016, e il nuovo progetto dell’Atalanta di Gian Piero Gasperini sembrava partito sotto i peggiori auspici. La Dea di Antonio Percassi era reduce da anni di serena mediocrità nella massima serie italiana (15ª, 11ª, 17ª e 13ª al termine dei quattro precedenti campionati). Ma il tecnico di Grugliasco e le sue idee sembravano non aver attecchito su suolo bergamasco. Nelle prime cinque partite erano arrivati quattro ko, con 6 reti all’attivo e ben 12 subite. Nerazzurri penultimi in campionato e con alcune sinistre sensazioni sul prosieguo della stagione. Ma la vera Dea di Gasperini stava per nascere: era questione di tempo.
Una prima, fondamentale vittoria a Pescara sul Crotone, quindi quel 2 ottobre che avrebbe cambiato tutto. A Bergamo si presentò il lanciatissimo Napoli, ultima squadra imbattuta della Serie A e diviso dalla Juventus da un solo punto. Gasperini, nell’occhio del ciclone, si giocò il tutto per tutto. Forte della consapevolezza di non aver nulla da perdere (l’esonero era dietro l’angolo) diede libero sfogo alle sue idee contro tutto e tutti. Incluso un Percassi incerto sulla definizione del suo allenatore: visionario o pazzo? Quel pomeriggio nacque l’Atalanta dei miracoli.
La prima, vera Atalanta di Gasperini
Fuori buona parte dei veterani della squadra, degli uomini mercato, dei volti da copertina. Dentro una nidiata di giovani affamati, chi semisconosciuto e chi a caccia di riscatto. Caldara, e non più Zukanovic. Conti, e non più Dramé. Spinazzola, e non più Konko. Gagliardini, e non più Carmona. Kessié, già titolarissimo da inizio anno a discapito di Migliaccio. E in avanti né Paloschi, né Pinilla: Petagna, che solo qualche mese prima aveva meditato di lasciare il calcio. Una lucida follia, contro la corazzata Napoli. Che però fu abbattuta dalla prima, vera Atalanta del Gasp.
Da allora iniziò una storia d’amore che ci conduce fino ai giorni nostri. Già quel 2016-2017 fece registrare svariati record societari: le sei vittorie consecutive in autunno, il quarto posto di fine stagione, il ruolo di prima lombarda del campionato. E soprattutto l’Europa, mai raggiunta dall’Atalanta nei 26 anni precedenti.
Dal miracolo-Atalanta a solida realtà
Si parlò di favola, di miracolo, ma in realtà il giochino non si interruppe. Nonostante diverse cessioni di peso, l’Atalanta mise nel motore Mancini, contribuì alla crescita di Cristante, agevolò l’esplosione di Gosens e Hateboer che ancora non si è arrestata. Il girone di Europa League fu a sorpresa dominato, nonostante la presenza di Everton e Lione. Quindi l’amara eliminazione con il Borussia Dortmund, dopo una doppia sfida giocata alla pari.
Qualcuno parlò di una parabola ormai calante a inizio 2018, con l’Europa League sfumata ai playoff nella perfida lotteria dei rigori contro il Copenhagen. Ma l’Atalanta reagì alla delusione e dopo aver eliminato le scorie psicologiche di quella battuta a vuoto riscrisse nuovamente la sua storia. Terminò infatti con il migliore attacco del campionato (merito anche dei neoacquisti Zapata e Pasalic, oltre che di un Ilicic sempre più decisivo al secondo anno a Bergamo). Arrivarono però soprattutto la finale di Coppa Italia e un terzo posto senza precedenti in Serie A. Con tanto di qualificazione alla Champions League.
Champions e sogno scudetto: la nuova dimensione
Il resto è storia dei giorni nostri. La cavalcata in Champions di un anno fa, il girone raddrizzato dopo le pesantissime sconfitte con Dinamo Zagabria, Shakhtar Donetsk e Manchester City, le goleade con il Valencia e il grande sogno contro il PSG. E poi un campionato in cui per la prima volta si parla di Atalanta da scudetto, grazie a nove vittorie di fila, l’incredibile ruolino di 98 gol segnati (i volti nuovi sono Muriel e Malinovskyi) e un nuovo terzo posto finale.
Ora una nuova avventura, le due vittorie nelle partite inaugurali del campionato (con quattro gol al Torino e quattro alla Lazio), un Papu Gomez trascinatore incontrastato. E un sogno europeo che continua, con Liverpool e Ajax che guardano con una certa apprensione. Pensare che tutto era iniziato da un quasi fallimento, e un atto di lucida follia.