Squid Game è la serie più vista su Netflix ormai da settimane, con visualizzazioni da oltre 90 paesi in tutto il mondo. Eccezion fatta per uno: la Corea del Nord. Qui, chiunque venga colto a leggere, guardare video e contenuti, provenienti dalla Corea del Sud, rischia la pena di morte o almeno 15 anni di campo di lavoro. Eppure, l’effetto Squid Game sembra aver raggiunto anche la nazione di Kim Jong-un. Lo testimonia un pezzo pubblicato ieri su un famoso sito di propaganda nordcoreano Arirang Meari.
Il sito Arirang Meari della Corea del Nord ha citato alcuni critici cinematografici della Corea del Sud affermando che la serie TV mostra una “società iniqua in cui le persone senza soldi sono trattate come pedine di una scacchiera per i ricchi“. Per la testata propagandistica, il successo internazionale di Netflix “Squid Game” denuncia la cultura capitalista sudcoreana, in cui “corruzione e canaglie immorali sono all’ordine del giorno“. Così si legge nell’articolo pubblicato sul sito di propaganda nordcoreana. “Si racconta che faccia capire alle persone la triste realtà della bestiale società sudcoreana. Qui gli esseri umani sono spinti in una competizione estrema e la loro umanità viene spazzata via“. L’autore del pezzo ne parla genericamente dando per scontato che nessun nordcoreano abbia potuto vedere la serie tv.
Prodotta in Corea del Sud e a lungo rifiutata, la serie tv narra in nove episodi la storia di oltre 450 concorrenti, a corto di soldi, che partecipano a un torneo di giochi per l’infanzia. In palio ci sono 45,6 miliardi di won, l’equivalente di 38 milioni di dollari. Ma la posta in gioco è mortale. Così, anche un gioco innocuo, come “Un, due, tre, Stella“, o la sfida dei biscotti coreani, si trasforma in un teatro di atrocità e violenze.
Mentre la Corea del Nord impone multe salatissime o la prigione per chiunque sia sorpreso a godersi l’intrattenimento sudcoreano, il leader Kim Jong-un intensifica la guerra contro le influenze esterne e chiede un migliore intrattenimento locale. Alla fine dello scorso anno, il leader nordcoreano ha imposto una nuova e radicale legge sul “pensiero anti-reazionario“. La severa misura stabilisce fino a 15 anni in un campo di prigionia per coloro che sono sorpresi usufruire della Corea del Sud.
Dai BTS, al film “Parasite“, alle serie tv, la cultura sudcoreana diviene regolarmente un bersaglio della Corea del Nord. A marzo, il sito web di Arirang Meari ha affermato che le star del K-pop sono state trattate come “schiavi” dalle grandi aziende e hanno vissuto una “vita miserabile” nel sud. Nel febbraio 2020, un giornale pro-Corea del Nord con sede in Giappone ha elogiato il miglior film sudcoreano vincitore degli Academy Awards “Parasite”, definendolo un capolavoro che “ha esposto nettamente la realtà” del divario tra ricchi e poveri in Corea del Sud.
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