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SPETTACOLO

Sarah Scazzi, perché il Tribunale di Taranto ha sospeso la messa in onda della serie tv su Disney+ ?

Il Tribunale di Taranto ha sospeso la messa in onda della serie tv sull’omicidio di Sarah Scazzi, in onda su Disney+, dopo polemiche e proteste locali

La messa in onda della serie “Avetrana – Qui non è Hollywood”, basata sul delitto di Sarah Scazzi, è stata bloccata. La serie, che ricostruisce il noto caso di cronaca nera avvenuto il 26 agosto 2010 ad Avetrana, racconta in forma romanzata la tragica vicenda di Sarah, assassinata dalla zia Cosima Serrano e dalla cugina Sabrina Misseri, entrambe poi condannate all’ergastolo.

Tuttavia, dopo le polemiche e le critiche per la presunta spettacolarizzazione di un crimine efferato, il Tribunale di Taranto ha imposto una sospensione cautelare, impedendo alla serie di andare in onda su Disney+, almeno temporaneamente.

Le ragioni del blocco della serie sull’omicidio di Sarah Scazzi

La serie, diretta da Pippo Mezzapesa e scritta da Mezzapesa insieme a Antonella W. Gaeta, Davide Serino, Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni, era stata presentata in anteprima alla Festa del Cinema di Roma e sarebbe dovuta uscire sulla piattaforma il 25 ottobre.

La decisione di sospenderne l’uscita è stata presa in seguito al ricorso d’urgenza presentato dal sindaco di Avetrana, Antonio Iazzi, il quale ha sollevato l’allarme sull’impatto negativo che la serie potrebbe avere sull’immagine del comune, temendo che l’opera potesse nuocere alla reputazione della cittadina pugliese, rafforzando un’immagine negativa e distorta del territorio.

Sarah Scazzi, perché il Tribunale di Taranto ha sospeso la messa in onda della serie tv “Avetrana. Qui non è Hollywood” – ANSA – Newsby.it

 

Secondo quanto esposto dal sindaco, il titolo stesso, “Avetrana – Qui non è Hollywood”, attirerebbe in modo controverso l’attenzione del pubblico verso Avetrana, più che verso il caso di cronaca in sé. Il rischio percepito è che la serie finisca per sfruttare la notorietà del caso, contribuendo a rafforzare un’immagine legata esclusivamente alla cronaca nera e a un “turismo dell’orrore” che ha colpito il paese negli anni successivi al delitto, quando orde di curiosi e turisti si recavano sul posto attratti dal macabro.

Il sindaco ha avanzato un ricorso d’urgenza, chiedendo alla giustizia la sospensione immediata della messa in onda e la possibilità di visionare il prodotto in anteprima per verificare eventuali contenuti diffamatori verso la cittadina. Inoltre, è stata avanzata la richiesta di modificare il titolo della serie, considerando che il nome “Avetrana” potrebbe suscitare nel pubblico associazioni negative, trasformando la città in un simbolo del crimine, più che nel teatro di una tragedia che ha già provocato dolore e danni a lungo termine.

Il caso ha attirato molta attenzione mediatica, e l’udienza per la comparizione delle parti è stata fissata per il 5 novembre. Fino ad allora, la serie resterà bloccata su Disney+, almeno in Italia. La vicenda ha riacceso il dibattito sulla responsabilità sociale dei prodotti di intrattenimento che traggono spunto da casi di cronaca nera, soprattutto quando sono ancora vivi nella memoria collettiva.

“Avetrana – Qui non è Hollywood” è una miniserie di quattro episodi che ripercorre la storia di Sarah, la sua vita in una realtà provinciale e il tragico evento che l’ha resa celebre suo malgrado. Ambientata nella periferia tarantina, la serie racconta il rapporto conflittuale di Sarah con la madre, una Testimone di Geova che la controlla e la limita, e il suo legame con la cugina Sabrina, sua unica amica e confidente, fino all’arrivo del ragazzo di cui entrambe sono innamorate, Ivano. L’adolescente viene presentata come una ragazza insicura e priva di stimoli, immersa in una realtà oppressiva e degradata che la porta a rifugiarsi nell’amicizia con Sabrina, un legame che si rivelerà distruttivo.

Mischiando realtà e finzione, la serie cerca di ricostruire la dinamica dei fatti che hanno portato al delitto, ma è stata criticata per l’eccessivo ricorso a atmosfere tetre e a una narrazione che, secondo alcuni, banalizza il dramma umano a favore dell’intrattenimento. Il tono cupo e l’insistenza su temi come la gelosia morbosa, l’omertà familiare e il degrado sociale hanno generato un forte dibattito, con alcune recensioni che hanno definito l’opera “narcisistica” e “sgraziata”.

Negli ultimi anni, il genere true crime ha conosciuto un successo notevole, e molte piattaforme di streaming hanno prodotto documentari e serie ispirate a crimini reali, come nel caso di “Dahmer” e “Monsters”, entrambe su Netflix. Tuttavia, con l’aumento dell’interesse verso queste opere, si è fatta sempre più viva la preoccupazione per il sensazionalismo e il sensazionalismo spinto da tali produzioni, spesso accusate di trasformare tragedie personali in spettacoli macabri per il grande pubblico.

Il dibattito si fa ancora più acceso quando, come nel caso di Sarah Scazzi, la vicenda è ancora recente e ha coinvolto una famiglia e una comunità in modo traumatico. In molti si chiedono se sia giusto trattare certi argomenti in maniera spettacolare e se non si rischi di mancare di rispetto alle vittime e ai loro familiari. Sebbene la serie non abbia come obiettivo la semplice spettacolarizzazione, alcuni critici sostengono che l’intento artistico finisca per cedere il passo a una narrazione troppo drammatizzata e poco rispettosa.

“Avetrana – Qui non è Hollywood” è stata definita da molti una serie destinata a dividere il pubblico. Da un lato, alcuni spettatori e critici apprezzano la qualità della regia di Pippo Mezzapesa, la fotografia di Giuseppe Maio e l’interpretazione degli attori, tra cui Federica Pala nel ruolo di Sarah, Giulia Perulli nei panni di Sabrina, e Vanessa Scalera come Cosima. Tuttavia, il tono cupo, la rappresentazione di Avetrana come luogo di degrado e l’enfasi sulle tensioni psicologiche della famiglia Misseri hanno suscitato numerose critiche, con molti che considerano la serie come una rappresentazione distorta della realtà.

Secondo alcune recensioni, i personaggi risultano eccessivamente “sopra le righe”, vivendo in uno stato di perenne tensione emotiva che manca di naturalezza e realismo. I dialoghi, secondo le critiche, tendono a sottolineare troppo i temi dell’angoscia familiare e del degrado sociale, trasformando una tragedia personale in una sorta di spettacolo voyeuristico, dove il dramma umano diventa semplice intrattenimento.

L’opinione pubblica si è divisa tra chi ritiene che la serie rappresenti un’importante riflessione sulla natura del male e chi, invece, la vede come un prodotto di pessimo gusto, che alimenta un “turismo dell’orrore” simile a quello che ha coinvolto Avetrana negli anni successivi al delitto. Il caso ha riacceso il dibattito sui limiti etici delle produzioni true crime, in particolare su come sia giusto trattare episodi di cronaca nera che hanno ancora un forte impatto emotivo sulla collettività.

Il blocco della serie rappresenta una sospensione temporanea, in attesa dell’udienza del 5 novembre, in cui il tribunale deciderà se permettere o meno la messa in onda della serie. Resta da vedere se la produzione deciderà di apportare modifiche per soddisfare le richieste del comune di Avetrana o se si procederà con la pubblicazione su altre piattaforme.

In sintesi, la serie “Avetrana – Qui non è Hollywood” ha riacceso una ferita ancora aperta, portando alla luce le problematiche etiche legate alla spettacolarizzazione del crimine. La sospensione voluta dal sindaco riflette la volontà di proteggere l’immagine di Avetrana, una cittadina che, come molte altre, merita di essere conosciuta per molto più di un singolo episodio di cronaca nera.

Giulia De Sanctis

Laureata in Comunicazione e Valorizzazione del Patrimonio Artistico Contemporaneo, collaboro attivamente con riviste e testate web del settore culturale, enogastronomico, tempo libero e attualità.

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