L’Italia candida Notturno di Gianfranco Rosi per la selezione agli Oscar per il miglior film straniero, ormai ribattezzato International Feature Film Award. La 93esima edizione degli Academy Awards, vista la pandemia, ha cambiato le regole di ammissione dei titoli in gara, ammettendo anche i film per i quali era stata programmata la distribuzione al cinema ma che, causa chiusura sale, sono stati invece diffusi in streaming attraverso le diverse piattaforme Vod. L’annuncio ufficiale di tutte le nomination è previsto per il 15 marzo 2021 e la cerimonia di consegna degli Oscar si terrà a Los Angeles il 25 aprile 2021.
Già il 9 febbraio sarà resa nota la shortlist che includerà i dieci film internazionali selezionati dall’Academy e si saprà se Notturno, passato in gara alla Mostra del Cinema di Venezia (dove non è stato premiato) potrà puntare all’ingresso nella cinquina. La commissione di selezione, istituita dall’Anica lo scorso luglio su incarico dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, riunita davanti a un notaio, era composta da Nicola Borrelli, Simone Gattoni, Paolo Genovese, Carlo Poggioli, Cristina Priarone, Gloria Satta, Baba Richerme.
La felicità e la dedica di Gianfranco Rosi per il suo “Notturno”
“Sono molto felice, la prima cosa che voglio dire è che dedico la candidatura a Valentina Pedicini”. È il commento a caldo di Gianfranco Rosi, riferendosi alla giovane regista pugliese scomparsa nei giorni scorsi a 42 anni. Un lavoro, quello di Rosi, il lavoro che Rosi sulla vita durante la guerra in Siria. Tre anni di gestazione e riprese, set tra Siria, Iraq, Kurdistan e Libano.
“Voglio rappresentare l’Italia capace di guardare fuori da suoi confini”, aveva spiegato a Venezia nei giorni della Mostra. “Sono stato per tre anni in luoghi in cui i confini erano qualcosa di estremamente pressante, angosciante. E per questo la mia vera sfida è stata rompere questa divisione. Volevo che la quotidianità fatta di paura e di divisioni si annullasse e rimanessero solo le storie dei personaggi che io credo siano universali. Non c’è differenza tra una storia girata in Siria o in Libano o Kurdistan.
Il legame che ho cercato nel film era quello della dimensione umana, non geografica. L’idea dei confini non appartiene a quella regione, i confini sono stati tracciati dalle potenze coloniali. Senza considerare le etnie, le culture, la storia di quella gente. Di lì viene questo disastro che oggi viviamo. E in tutto questo le vere vittime sono le persone, che hanno pagano il prezzo dei regimi, delle ingerenze straniere”.