L’8 maggio 1970, cinquant’anni fa, i Beatles non esistevano più. La drammatica decisione di sciogliersi era infatti arrivata da quasi un mese, il 10 aprile, quando Paul McCartney annunciò in un’intervista che avrebbe proseguito la sua carriera musicale da solo. E infatti appena una settimana dopo lanciò il suo primo disco senza il resto della band. Ma i Beatles non avevano ancora finito di far sognare i loro estimatori, e coloro che anche nelle generazioni successive erano destinati ad amarli per sempre.
Così, quell’8 maggio, in un colpo di coda destinato a scolpire un altro inestimabile mattone nella storia della musica, uscì “Let It Be”.
Non si trattava solo della canzone che quasi 35 anni dopo la rivista ‘Rolling Stone’ avrebbe inserito al 20° posto tra “i migliori 500 brani musicali di ogni tempo”, ma anche di un album. Nato con i peggiori auspici e con mille avversità, ma poi rivelatosi una pietra miliare delle sette note.
Basti pensare, oltre al brano che dà il titolo all’LP, all’onirica “Across the Universe”, alla dolcissima “The Long and Winding Road”, a “Maggie Mae” che richiama le tradizioni portuali di Liverpool o alla scatenata “Get Back”, classica canzone rock che faceva l’occhiolino alle sonorità degli States. Senza peraltro rinunciare a una sottile satira politica, che negli anni conclusivi dell’esperienza collettiva dei Beatles era raramente mancata.
“Let It Be”, però, come detto riuscì a nascere nonostante una serie infinita e apparentemente insormontabile di problemi. Paul si sentiva ormai frontman dei Beatles, ruolo messo ovviamente in discussione da John Lennon che a sua volta aveva in testa progetti incompatibili con il collega. In tutto ciò restava il problema delle esibizioni live: i Beatles non facevano ormai da tempo concerti, contrariamente ai desideri di Paul. Da qui scoppiò la miccia, con una furibonda lite tra John e il “quasi insospettabile” George Harrison. Fu proprio quest’ultimo, autore di alcuni tra i più raffinati assoli della storia dei Beatles ma spesso sovrastato dal carisma dei più noti compagni, a staccare la spina.
Il disco “Let It Be” è pieno di questi dissidi, che a un orecchio attento non possono sfuggire. L’inizio delle registrazioni risaliva infatti ad almeno un anno e mezzo prima. Quando addirittura lo straordinario “Abbey Road”, album del 1969, ancora non era uscito. Le liti tra i quattro Fab Four erano ormai all’ordine del giorno, con cambi di studi di registrazione, sessioni sovrapposte e sovraincisioni.
Addirittura la stessa “Let It Be” esiste in tre versioni diverse, visto che nel frattempo cambiò anche il produttore (da George Martin a Phil Spector). Il risultato è che l’assolo di George Harrison che tutti conoscono, riproposto anche sui CD degli ultimi decenni, è completamente diverso rispetto a quello che uscì sul vinile originario. E che potete riascoltare qui:
“Let It Be”, ovvero “lascia che succeda”: fu questo l’ultimo messaggio di un quartetto di poeti, artisti, pionieri e geni della musica. Ormai troppo grandi, presi uno per uno, per poter restare negli ormai stretti panni dei Beatles. Ma che anche oltre la loro fine ufficiale, riuscirono a dare il massimo di loro stessi.
Scrivendo, una volta ancora, la storia.
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