Laura Pausini si unisce al coro dei tanti che chiedono al presidente del Consiglio, Mario Draghi, il ritorno alla normalità anche per il mondo degli spettacoli dal vivo. La cantante ha pubblicato sui propri profili social un appello firmato da moltissimi altri artisti.
“Due anni di attesa. Di rispetto verso le istituzioni. Ora però non ci sono più ragioni. Il nostro lavoro è sempre più sottovalutato come parte integrante della società. Vogliamo rispetto. Subito…”. Laura Pausini, inoltre, aggiunge: “La musica è condivisione, speranza, gioia e salvezza. E la vita di moltissime persone che ora devono poter ricominciare a lavorare per vivere”, conclude la cantante con l’hashtag #Salviamolamusicalive.
Viene anche ricordato nel manifesto condiviso sui social da Pausini che: “Dal 2020 il nostro settore, in particolare quello dei grandi eventi, in Italia è completamente fermo… e come centinaia di migliaia di lavoratori abbiano perso il loro lavoro”. Viene poi proposto un protocollo condiviso sulle norme di sicurezza per poter finalmente ricominciare a lavorare a pieno ritmo: “Concerti solo con Green Pass, mascherine obbligatorie e controllo temperature per gli show al chiuso”.
Confermando l’obiettivo comune del successo della campagna vaccinale, nel manifesto viene infine fatta una precisa richiesta: “100% della capienza con abolizione del distanziamento e una data certa per la ripartenza grazie ad un piano condiviso da formalizzare entro il 31 ottobre”.
Prima di Laura Pausini, già Fedez aveva cominciato a polemizzare con Giuseppe Conte. “La propaganda non può venire prima delle persone” che lavorano con concerti e spettacoli, ancora a capienza ridotta, era il concetto espresso dal cantante. “Non vogliamo risposte personali. Le persone devono essere messe in condizione di lavorare dopo due anni, con scarsissimi aiuti da parte dello stato. Ciò che mi rattrista è che domani la macchina della propaganda e i comizi con le piazze gremite con 3/4mila persone senza tampone e Green Pass continueranno, mentre i concerti no. Credo che tutto questo agli occhi di un lavoratore dello spettacolo potrebbe suonare come una grande ingiustizia”.
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