Come sarebbe potuta andare ce l’ha suggerito in qualche modo ‘Yesterday’, delicato film inglese del 2019 in cui il protagonista Jack si risveglia in un mondo dove nessuno conosce i Beatles. E dopo aver fatto la propria fortuna riproponendo le loro canzoni, decide di fare di più: andare a conoscere John Lennon. Lo ritrova quindi vivo, non famoso, ritirato in una villa di campagna, anziano ma lucido e saggio. Traendone un grande consiglio: cerca di condurre un’esistenza felice, insieme a chi ami, esprimi sempre i tuoi sentimenti in maniera piena e sincera, di’ sempre la verità.
Questo è uno dei più recenti omaggi a John Lennon, che cinquant’anni fa pubblicò il suo immortale inno pacifista: ‘Imagine’. E che, al giorno d’oggi, avrebbe un’età di 81 anni. Ne visse però solamente metà, freddato in quel tragico 8 dicembre 1980 dalla pistola di Mark David Chapman. Un uomo che, come tantissimi in tutto il mondo, era cresciuto nel mito di colui che non è stato un cantautore, un polistrumentista, un poeta. O meglio: è stato tutte queste cose, ma molto di più. Perché è stato una delle figure più influenti nella cultura e la società mondiali. Sicuramente dal dopoguerra a oggi. Probabilmente non solo.
Della carriera musicale di John Lennon hanno parlato generazioni di scrittori, saggisti, giornalisti. E ancora c’è qualcosa da scavare, a oltre 40 anni dalla sua scomparsa (e a 50 dallo scioglimento dei Beatles). Del suo impegno nel sociale si continua a parlare tutt’oggi, tanto che in qualsiasi manifestazione in cui si faccia un riferimento anche indiretto a “pace” o “uguaglianza”, prima o poi le sue note riecheggiano. Nonostante le polemiche sulle parole proprio di ‘Imagine’, che ogni tanto fanno capolino anche nel mondo della politica italiana.
Sulla base di tutto questo, partendo dal film ‘Yesterday’ e parafrasando ‘Imagine’, ricordiamo John Lennon in maniera un po’ diversa, nell’anniversario dei suoi 50 anni. Immaginiamo, appunto. Immaginiamo che lui, la sua inconfondibile voce, la sua mente turbinante di idee, il pianoforte e la chitarra dei Beatles in questo 2021 siano ancora tra noi. Che ruolo avrebbe, e avrebbe continuato ad avere una simile icona nella società contemporanea?
Nel 1980, quando fu ucciso John Lennon, uno dei casi di attualità e geopolitica all’ordine del giorno era la crisi degli ostaggi statunitensi in Iran. Una vicenda raccontata anche dal film ‘Argo’, e che da New York avrebbe seguito anche l’ex Beatle. Che avrebbe applaudito alla risoluzione pacifica di quella vicenda. Avrebbe poi assistito con sdegno agli interventi militari degli States contro la Libia, alla Guerra del Libano, alla Guerra del Golfo. Avrebbe assistito al crollo del Muro di Berlino. Chissà, magari sarebbe stato fisicamente in Germania in quell’autunno del 1989 e avrebbe regalato nuove immortali parole. Che sarebbero rimaste per sempre legate a un nuovo mondo di armonia che sembrava ormai nato.
Prima ancora, nel 1985, avrebbe preso parte al Live Aid, diventando tra i volti simbolo della ritrovata attenzione del mondo occidentale alla fame in Africa. Ormai 55enne ma nel pieno delle proprie forze psicofisiche, John Lennon avrebbe aperto il concerto a Londra e l’avrebbe chiuso 16 ore dopo a Philadelphia. Rispettivamente con ‘Help!’ e appunto ‘Imagine’. Non solo una grande parentesi sulla sua carriera, ma il senso stesso dell’iniziativa: una richiesta d’aiuto iniziale, in ossequio a un sogno giovanile, e poi il richiamo a come potrebbe essere il mondo.
John Lennon avrebbe visto di persona la stretta di mano tra Rabin e Arafat nel 1993, alla presenza di Bill Clinton. Erano gli Accordi di Oslo, che sembrarono rappresentare una svolta nel conflitto tra Israele e Palestina. Una vicenda che si sarebbe preso a cuore per mesi, prima e dopo, diventando l’anello di congiunzione tra politici e gente comune di quel difficile negoziato. Sarebbe stato a New York l’11 settembre 2001, e avrebbe fatto tutto il possibile per contrastare la lunghissima ed estesa “guerra al terrorismo” poi lanciata da George W. Bush (e rivelatasi in diversi casi una guerra solo “preventiva”). Le sue parole avrebbero spostato diverse coscienze.
Oggi l’ottantunenne John Lennon sarebbe probabilmente ancora a New York, insieme alla moglie Yoko Ono. Magari si sarebbe spostato dalla rutilante Grande Mela alla vicina e più tranquilla Long Island. Si sarebbe (quasi) messo alle spalle il terrore del Coronavirus, e ironizzerebbe sui negazionisti e complottisti. Che forse, anche grazie a lui, sarebbero numericamente meno. E sarebbe in prima linea a sostegno degli esuli dell’Afghanistan.
Al governo delle sue due patrie, forse, nell’anno nero della pandemia (il 2020) non ci sarebbero stati rispettivamente Boris Johnson e Donald Trump. Ciò che di più lontano si può immaginare da John Lennon. Se così fosse, anche ottuagenario, avrebbe trovato il modo di contrastarli con le armi dell’arguzia e dell’ironia. Non dimenticando quel finto consiglio dato da ottantenne al giovane Jack di ‘Yesterday’: “ama, sii sincero, sii felice“. Peccato che sia solo un film.
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