Quando si ascolta Ahia!, secondo Ep dei Pinguini Tattici Nucleari uscito il 4 dicembre di un anno fa, “ahia” lo si dice due volte. Il primo è un “ahia” quasi ironico, come quando il protagonista di un fumetto intuisce il destino a cui va incontro. Perché quando parte una delle sue canzoni in sottofondo è inevitabile iniziare a fischiettarla, cantarla e poi urlarla a squarciagola. La seconda quando l’album finisce.
Ma questa volta è un “ahia” che assomiglia più a gemito di dolore, non tanto fisico, quando più un turbamento psicologico. Come quando ci si sente finalmente compresi, capiti. Come quando ci si rende conto che, alla fine, non siamo gli unici a sbagliare, che i nostri errori sono simili a quelli di tanti altri. Di un’intera generazione, forse.
Una generazione che cerca di rispecchiarsi in un nuova scuola di cantautori italiani, come Riccardo Zanotti, perché quelli del passato sono “roba vecchia”, punti di riferimento per i genitori. Ma la potenza evocativa di Ahia! sta nel fatto che i Pinguini Tattici Nucleari possono essere annoverati fra le band family-friendly, come dimostra anche la partecipazione a Sanremo 2020.
Insomma, i PTN non arrivano all’eccesso come altri artisti contemporanei. Non sono roba da “dai mamma, che vuoi capirne”. Forse sì, mamma non le capirà del tutto le emozioni che suscitano questi brani, ma in alcuni ci si può rispecchiare. Magari le ricordano i bei tempi andati, quando quel ‘Scrivile Scemo’ (dal titolo della seconda traccia) era un più semplice “parlale, scemo”, solo perché i social network non esistevano.
[sponsor-link id=”238″] è un affresco generazionale, dicevamo. Non mancano infatti i riferimenti alla cultura pop come ‘Scooby Doo’ e nemmeno canzoni che rievocano un passato quasi dimenticato. È il caso di ‘Pastello Bianco’, che potrebbe tranquillamente essere la dichiarazione d’amore di chiunque di noi. Perché tutti siamo stati bambini e tutti abbiamo un ricordo da legare a questo brano.
Un ricordo che forse neanche ricordavamo di avere: provare per credere. In Ahia! ce n’è per tutti i gusti e per tutte le emozioni. Ogni stagione del cuore riesce infatti a rispecchiarsi in una delle sette tracce. E la tappa finale di questo percorso emotivo, almeno per chi scrive, è ‘La storia infinita’, dove i riferimenti pop (come ‘Wonderwall’ degli Oasis) si mescolano con accenni al mondo della comunicazione di oggi (“mia dolce venere di Insta”).
In questo singolo non manca infine l’elemento che enfatizza la caducità: “E siamo felici come Pasque, sì / Ma Pasqua del 2020”. Eccolo lì, l’ultimo “ahia”. Quello che dopo averci fatto volare per quasi mezz’ora fra i ricordi d’infanzia ci fa rimpiombare nell’attualità. Il 2020, anno della pandemia. L’anno dei concerti in live sui social, l’anno senza contatti sociali, chiusi in casa. Poi la musica finisce; anche se in realtà non finisce mai per davvero. “Ahia”, ecco che si ricomincia a cantare.
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