Il cosiddetto “liceo del Made in Italy”, fortemente voluto dal governo guidato da Giorgia Meloni, è ai nastri di partenza. Dal prossimo 23 gennaio si aprono le iscrizioni al nuovo percorso di studi. Anche se ancora non è stato emanato il regolamento attuativo, l’esecutivo ha previsto una fase “transitoria” con l’avvio già dal nuovo anno scolastico delle prime classi. Potranno chiedere di attivarlo, entro il 15 gennaio, soltanto gli istituti che già erogano l’opzione economico-sociale del liceo delle scienze umane, previo accordo con la Regione e a risorse invariate.
“L’istituzione di questo liceo è una parte qualificante del percorso di valorizzazione, promozione e tutela delle eccellenze italiane”, spiega il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara.
Gli studenti potranno iscriversi attraverso la piattaforma Unica, altra novità di quest’anno. Il piano di studi del nuovo indirizzo scolastico prevede discipline umanistiche e scientifiche, oltre all’insegnamento di due lingue straniere. Sono inclusi anche tirocini nelle imprese, nell’ambito delle attività svolte in classe.
Un “mix virtuoso” che “fornirà agli studenti la possibilità di approfondire gli scenari storici, geografici, artistici e culturali dello sviluppo industriale e del tessuto produttivo del nostro Paese, ma anche di proiettarsi nel futuro con una solida formazione di base soprattutto nei campi economico, giuridico e tecnologico”, sostiene Valditara. L’obiettivo, nelle intenzioni del governo, è di “avvicinare l’istruzione al mondo dell’imprenditoria nazionale e quindi del lavoro, riducendo la distanza fra le competenze richieste dai settori produttivi e quelle fornite dalla scuola”.
Una fetta consistente dei sindacati però critica la creatura del governo. A cominciare dalla Flc Cgil che “conferma la propria netta opposizione” e annuncia “ulteriori azioni di mobilitazione in difesa di tutta la scuola” superiore pubblica. Dal testo della legge emerge un “quadro confuso e sconfortante”, è la bocciatura. Sotto accusa è la facoltà di attivare il nuovo percorso di studi riservata solo alle scuole che includono il liceo delle scienze umane nella propria offerta formativa.
La Cgil teme anche “significative ricadute sugli organici del personale docente” dal momento che il piano di studi nel primo biennio aggiunge nuove discipline (economia, diritto e storia dell’arte) ma ne elimina o ne riduce altre – come nel caso delle scienze umane e della seconda lingua straniera – senza oneri a carico della finanza pubblica.
Da qui l’invito del sindacato rivolto alle scuole a “evitare l’istituzione del Liceo del made in Italy per il prossimo anno scolastico che costituirebbe, visti anche gli effetti derivanti dall’adozione del relativo piano di studi, un pericolo per la stabilità degli organici”.
Critica anche la Cisl, che parla dell’ennesima riforma “calata dall’alto”. “Non sono certo le condizioni migliori quelle che vedono le scuole, in questi giorni, valutare la possibilità di ampliare l’offerta formativa da proporre agli studenti e alle famiglie”, spiega Ivana Barbacci, segretario generale Cisl Scuola. “La valutazione di questa opportunità va fatta in tempi molto stretti, vi è incertezza sulla possibilità di mantenere gli indirizzi economico-sociali attualmente in essere. Da qui la preoccupazione dei collegi dei docenti, messi di fronte a scelte da compiere in poche ore senza aver ben chiare le prospettive”.
La riforma piace invece al sindacato Anief: “L’iniziativa che ci trova d’accordo, perché incentiva il modello imprenditoriale italiano”, commenta il presidente Marcello Pacifico. Il piano di studi, dice, “combina competenze economiche, giuridiche e imprenditoriali con una forte attenzione alle aree scientifica, storica e linguistica” in modo da creare “un ponte diretto con il mondo del lavoro e dell’imprenditoria.
Le opposizioni bocciano senza appello il liceo del made in Italy. In testa il Partito democratico. Si tratta di “una riforma fondata solo sulla propaganda, uno spot lanciato in campagna elettorale” che non stanzia risorse aggiuntive “perché questo esecutivo sulla scuola non mette un euro”, attacca Irene Manzi, responsabile scuola del Pd. “Si interviene per l’ennesima volta sul sistema scolastico senza ascoltare il mondo della scuola, senza tenere conto dei percorsi che già esistono come quelli previsti dall’istruzione tecnica” e professionale e che “in molte realtà danno risposte efficaci”.
Sulla stessa linea il Movimento 5 stelle, che parla di “fantoccio ideologico, utile a una narrazione sovranista e nazionalista dell’azione di governo”. Secondo il deputato del M5s Antonio Caso, il nuovo percorso di studi “serve poco o nulla al nostro Paese”.
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