Un’insolita coalizione – che va dall’estrema destra di Marine Le Pen all’estrema sinistra di Jean-Luc Mélenchon, passando per socialisti, ecologisti e conservatori repubblicani – ieri ha affossato all’Assemblea nazionale la riforma dell’immigrazione del governo francese, uno dei progetti più importanti del secondo mandato del presidente Emmanuel Macron. Troppo repressiva per la sinistra, troppo indulgente per la destra. La bocciatura del disegno di legge ha provocato un mezzo terremoto nell’esecutivo, con il ministro dell’interno, il “falco” Gerald Darmanin, promotore del testo, che ha rassegnato le dimissioni, prontamente respinte dal capo dell’Eliseo.
Nel frattempo dall’opposizione sono arrivate richieste di dimissioni del governo, a cominciare da sinistra, con il leader di La France Insoumise, Jean-Luc Melenchon, che ha invocato subito un “ritorno alle urne”. Sulla stessa linea, dal fronte opposto, il presidente del Rassemblement National, Jordan Bardella: “Dinnanzi a una simile crisi politica, bisogna tornare dai cittadini”.
A questo punto sono tre le opzioni sul tavolo del governo: riproporre il dibattito parlamentare ma con il testo passato al Senato, riscritto dalla destra in senso più reazionario, ritirare la legge oppure convocare una “commissione paritaria”. La prima ministra Élisabeth Borne sembra intenzionata a giocare l’ultima carta, per giungere a un “compromesso tra la maggioranza e le opposizioni” e salvare il pacchetto immigrazione. Come accaduto per la riforma delle pensioni, il governo potrebbe ancora una volta ricorrere all’articolo 49.3 della Costituzione per approvare la legge bypassando il voto del Parlamento. Una forzatura molto impopolare che l’esecutivo vuole evitare.
Quello andato in scena ieri a Parigi è un film già visto. Da quando il partito centrista Renaissance di Macron ha perso la maggioranza in Senato alle elezioni del giugno 2022, i provvedimenti del governo faticano a trovare i numeri in Parlamento. “Il disegno di legge non è sepolto, ma il governo ha sempre meno controllo”, ha scritto ieri il quotidiano Le Monde. Del resto anche in Francia, come in altri Paesi nel Vecchio continente, dall’Italia al Regno Unito, il dossier spinoso e incandescente dell’immigrazione è in cima all’agenda politica e polarizza il dibattito.
Il testo era stato presentato al Consiglio dei ministri il primo febbraio scorso, mentre a metà marzo aveva cominciato il proprio iter parlamentare arrivando in Senato, dove era stato inasprito dalla Commissione legislativa. Le tensioni emerse con la riforma delle pensioni avevano poi spinto il governo ad accantonare il dossier, tornato in pista solo il 6 novembre. Fino all’esito di ieri, con il testo respinto dalla Camera bassa, per 5 voti, con una “mozione di rigetto” presentata dai Verdi che ha bloccato la discussione della legge sul nascere.
Nel tentativo di accontentare tanto la destra quanto la sinistra, il testo preparato dal ministro dell’Interno aveva messo insieme misure per il “controllo dell’immigrazione” e disposizioni per il “miglioramento dell’integrazione”. Nelle intenzioni di Damanin, “dare il benvenuto alle tate, ai camerieri e ai raccoglitori di frutta e allo stesso tempo introdurre più poteri per espellere i criminali”.
Nel primo caso, il testo accelerava le procedure di rimpatrio per i migranti irregolari e rimuoveva il divieto di espulsione dei cittadini stranieri arrivati in Francia prima di compiere 13 anni, come il presunto attentatore, un ex studente di origini cecene, che lo scorso ottobre ha ucciso un insegnante di liceo. Un fatto che, per ammissione dello stesso governo, ha dato nuova urgenza alla riforma dell’immigrazione.
Sul fronte della regolarizzazione la legge prevedeva, tra le altre cose, permessi di lavoro temporanei per i richiedenti asilo e i sans papiers impiegati nei settori a corto di manodopera.
Il passaggio alla Senato, dominato dai Repubblicani, aveva inasprito il testo del governo, introducendo per esempio pene più severe per gli irregolari, criteri più stringenti per l’accesso all’assistenza sanitaria e la riunificazione familiare. Approdato all’Assemblea nazionale, il testo ha subìto ulteriori modifiche: la Commissione legislativa lo ha “ammorbidito” ripristinando in parte alcune misure presenti nella proposta originaria, come quella relativa all’assistenza sanitaria per gli irregolari.
Nel complesso il provvedimento è riuscito a scontentare tutti. A destra, Jordan Bardella lo ha bocciato perché poco incisivo: “Il disegno di legge non contiene misure che consentono di riprende il controllo dell’immigrazione”. Dall’altra parte della barricata, Arthur Delaporte, leader del Partito socialista, ha bollato il testo come “ingiusto, scandaloso e una minaccia per le libertà”. Quello che serve, ha detto, è una “legge in linea con i princìpi repubblicani”.
Un disegno di legge aspramente criticato anche dall’Unicef oltreché dalle organizzazioni per i diritti umani come Human Rights Watch e Amnesty International, che ha parlato di “testo pericoloso”.
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