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SCIENZE

Virus nella Fossa delle Marianne: cosa c’è da sapere su YB_HmeY_H4907

È stato scoperto un nuovo virus nella Fossa delle Marianne. Non c’è da preoccuparsi, però. Anzi, la scoperta potrebbe aprire a nuovi orizzonti per la ricerca scientifica ed aiutare nel capire maggiormente i comportamenti e i meccanismi che regolano il funzionamento della Terra. Lo scoperta è stata fatta da un gruppo di ricercatori guidato da Yantao Liang e Min Wang della Ocean University of China di Qingdao. I risultati delle analisi sono stati pubblicati su Microbiology Spectrum. Il virus è stato rinominato YB_HmeY_H4907.

Il virus nella Fossa delle Marianne: cosa sappiamo

YB_HmeY_H4907, dicevamo, è stato rinvenuto nella Fossa delle Marianne, a quasi novemila metri di profondità. Un luogo molto complesso per qualsiasi forma di vita: buio, freddo e soggetto ad altissime pressioni. Proprio lì, però, su un sedimento, i ricercatori hanno fatto la loro grande scoperta. Si tratta di un batteriofago, spiega Wired, ossia di un virus in grado di infettare esclusivamente batteri, in particolare quelli appartenenti al phylum Halomonas. Questo tipo di batteri si trova spesso nei sedimenti delle profondità marine e nelle bocche idrotermali, aperture simili a geyser che giacciono sul fondo degli oceani e che rilasciano correnti di acqua calda. I ricercatori hanno individuato YB_HmeY_H4907 all’interno di specifici batteri appartenenti proprio al genere Halomonas.

Immagine | Pixabay @Konstantin Kolosov – Newsby.it

Le caratteristiche di YB_HmeY_H4907

I batteriofagi, detti anche fagi, sono virus importanti perché svolgono un ruolo chiave per garantire l’equilibrio degli ecosistemi marini dal momento che eliminano importanti quantità di batteri che abitano nelle acque degli oceani. Le stime parlando di una riduzione di circa il 20% della presenza batterica marina, liberando al tempo stesso sostanze nutrienti sfruttate da altri microrganismi.

Secondo i risultati dello studio, YB_HmeY_H4907 farebbe parte dei virus definiti “temperati”, ovvero che seguono un ciclo lisogeno. Questo tipo di virus non causa immediatamente la morte della cellula che infetta, ma fa sì che il proprio genoma venga integrato all’interno di quello dell’ospite. In questo modo il virus sfrutta il processo di divisione cellulare dell’ospite per duplicare il proprio Dna. Dalle analisi genetiche, tra l’altro, il genoma virale è risultato essere molto simile a quello del batterio che infetta.

I possibili sviluppi della scoperta

YB_HmeY_H4907 presenta una famiglia virale precedentemente sconosciuta, quella dei Suviridae. I suoi geni, infatti, non sembrano somigliare a nessuno dei fagi precedentemente isolati e mai ne erano stati scoperti simili a una tale profondità. La domanda ora è: a cosa potrà servire questa scoperta? Secondo Wang, la scoperta apre a nuove interessanti domande sulle strategie di sopravvivenza sviluppate da alcuni virus per resistere in condizioni così avverse e di quasi completo isolamento, oltre che sulla loro capacità di co-evolversi con gli ospiti che infettano. Allo stesso tempo, la scoperta di questa nuova specie di virus può contribuire in maniera importante a conoscere meglio i meccanismi di reazione dei virus e in generale del nostro Pianeta di fronte a situazioni critiche. Una chiave di lettura che può essere senza dubbio utile anche nell’affrontare una delle sfide più importanti in ottica futura, quella del cambiamento climatico.

Gianluca Pirovano

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