Il crollo di un seracco sul ghiacciaio della Marmolada è solo l’ultimo di una lunga serie di eventi che nel corso del tempo ha sollevato non poche preoccupazioni all’interno della comunità scientifica. Le previsioni degli esperti sul destino delle enormi masse di ghiaccio sono tutt’altro che rosee e vari studi pubblicati su riviste autorevoli hanno messo in guardia di fronte alle conseguenze potenzialmente disastrose della scomparsa di alcune di esse, che potrebbe verificarsi entro il 2100.
Le enormi masse di ghiaccio si stanno sciogliendo con rapidità dall’inizio del 1900, soprattutto a causa delle attività antropiche. Dalla rivoluzione industriale in poi, le emissioni di anidride carbonica e altri gas serra si sono intensificate, causando un aumento delle temperature, ancora più intenso ai poli. Ciò ha determinato una perdita significativa della massa dei ghiacciai, che a sua volta ha portato a un innalzamento del livello del mare di circa 3,2 millimetri all’anno. Le stime indicano che questo incremento potrebbe raggiungere i 30 centimetri entro il 2050.
Tale fenomeno potrebbe determinare una frequenza delle inondazioni pari a 10 volte quella attuale lungo la costa orientale degli Stati Uniti.
Come accennato, sono soprattutto le attività umane a determinare lo scioglimento dei ghiacciai. Il proliferare delle industrie ha determinato un significativo incremento delle emissioni di CO2 e altri gas nell’atmosfera, impedendo la rifrazione del calore. Ciò ha determinato un significativo aumento delle temperature, che nello scorso secolo sono salite con una media di 0.74 °C. Secondo le previsioni dei climatologi, se la situazione attuale non cambierà, entro il 2100 la temperatura media subirà un ulteriore incremento, compreso tra i 2 e i 4°C.
L’aumento delle emissioni non è l’unico fattore che ha favorito lo scioglimento dei ghiacciai. Anche il massiccio uso dei combustibili fossili ha contribuito alla situazione attuale. La loro combustione, infatti, genera acidi solforici, carbonici e nitrici, che cadono sulla Terra sotto forma di pioggia acida, con un impatto negativo sull’ambiente.
Inoltre, anche l’intensa deforestazione ha giocato un ruolo da non sottovalutare. L’abbattimento degli alberi ha ridotto l’ossigeno presente nell’atmosfera, portando a una riduzione dell’assorbimento dell’anidride carbonica.
Lo studio “Accelerated global glacier mass loss in early twenty-first century”, pubblicato su Nature nel 2021, ha fatto il punto sulla situazione attuale, gettando al tempo stesso delle ombre sinistre sul futuro. Sotto la guida di Romain Hugonnet, l’autore principale della ricerca, un gruppo di esperti di vari istituti di Svizzera, Francia, Regno Unito, Norvegia e Canada hanno preso in esame tutti i ghiacciai del mondo (circa 220mila in totale), escludendo le calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide, concentrandosi sulla rapidità della loro perdita di spessore e massa negli ultimi decenni.
Per farlo si sono basati sulle immagini acquisite dal satellite Terra della Nasa, in orbita dal 1999 ed equipaggiato con ASTER, un imager multispettrale con due telecamere che registrano coppie di immagini stereo, rendendo possibile la creazione di modelli digitali ad alta risoluzione. Grazie a questa tecnologia è stato possibile calcolare i cambiamenti nello spessore e nella massa dei ghiacciai nel tempo.
I risultati ottenuti indicano che quasi tutti i ghiacciai si stanno assottigliando a una velocità sempre maggiore. In particolare, tra il 2000 e il 2004 la perdita di ghiaccio annuale è stata pari a 227 gigatonnellate. Il fenomeno si è intensificato tra il 2015 e il 2019, quando la massa persa è stata pari a 298 gigatonnellate all’anno. Lo scioglimento ha prodotto un incremento del livello del mare di circa 0,74 millimetri all’anno.
Tra i ghiacciai che si stanno sciogliendo più in fretta ci sono quelli dell’Alaska, dell’Islanda e delle Alpi. Non dev’essere trascurata neppure la situazione di quelli del Pamir, dell’Hindu Kush e dell’Himalaya. Le condizioni di questi ultimi ghiacciai sono particolarmente preoccupanti, perché l’acqua che perdono a causa del disgelo durante la stagione secca è vitale per alimentare i corsi d’acqua di fiumi come il Gange, il Brahmaputra e l’Indo. Un ulteriore restringimento delle masse di ghiaccio potrebbe determinare importanti carenze di cibo e acqua entro pochi decenni.
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