Ogni secondo circa 44 bottiglie di whisky partono dalla Scozia verso ogni angolo del pianeta. Lo scorso anno i ricavi dell’industria del secondo liquore più popolare al mondo – dopo il gin – si aggiravano attorno ai 4,5 miliardi di sterline, pari a oltre 5,3 miliardi di euro al cambio attuale.
Ma sapete cosa comporta la produzione di ciascun litro di whisky? Tanti, tantissimi scarti di lavorazione. Precisamente 2,5 kg di sedimenti del processo di maltazione, otto litri di borlanda dalla prima distillazione e fino a dieci litri di lievito esausto. Ovvero 684mila tonnellate di sedimenti e più di 2,3 miliardi di litri di borlanda all’anno, secondo i dati del centro Zero Waste Scotland. E vi siete mai chiesti dove finiscono tutti questi rifiuti? Parte diventa mangime per animali, parte viene smaltita in discarica e parte sversata in fiumi e oceani. E pensare che invece potrebbero diventare carburante e far muovere le nostre automobili: vediamo come.
Come racconta la Cnn, alcuni ricercatori in Scozia hanno infatti sviluppato il primo biocarburante nato dai sottoprodotti dell’industria del whisky. Si chiama biobutanolo ed è un’idea della Celtic Renewables Ltd., società spin-off dell’Università Napier di Edimburgo fondata da Martin Tangney, e della Tullibardine Distillery, una distilleria del Perthshire.
Più che di un’idea futuristica, si tratta di una scoperta funzionante. Da affinare, certo, ma funzionante. Lo dimostra la prova fatta da Celtic Renewables che utilizzando un carburante composto al 15% dalla sua “benzina alcolica” ha fatto muovere una Ford Focus per le strade scozzesi. Secondo Tangney, che per primo ha intuito le potenzialità commerciali di questo prodotto, in futuro anche gli scarti di altri prodotti alimentari potrebbero diventare un biocarburante.
Oppure esiste il caso della Glenfiddich Distillery che già utilizza il biogas prodotto dal suo whisky per alimentare alcuni dei suoi veicoli. Il tutto riducendo le emissioni inquinanti dei mezzi pesanti del 90%. Ma non finisce qui. Perché sempre dagli scarti di lavorazione di questo liquore si possono ricavare altri biocombustili. I quali sono utilizzabili ad esempio per produrre plastica, cosmetici, prodotti farmaceutici, capi di abbigliamento e perfino componenti elettronici, sostiene Tangney.
Finora Celtic Renewables ha raccolto oltre 40 milioni di sterline di finanziamenti – fra privati, sostegni governativi e raccolte fondi – per finanziare le sue ricerche. Oltre ovviamente al contributo della Napier, che resta uno dei partner principali del progetto. L’azienda lo scorso anno ha infine realizzato la prima bioraffineria della Scozia, che sarà operativa al termine della fase di test. E che, a pieno regime, sarà in grado di convertire in sostanze biochimiche fino a 50mila tonnellate di sottoprodotti del whisky.
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