Solo un uomo su 100mila respira aria pulita, ovvero circa 80mila persone in tutto il mondo. Queste persone fortunate vivono nell’unico milione di chilometri quadrati (sui 500 della terra emersa) libero dalle particelle PM2.5: inquinanti emessi da combustioni di ogni tipo, dalle fabbriche alle auto, dai camini di casa agli incendi, e più sottili di 2,5 micron (millesimi di millimetro) di diametro, equivalenti a un trentesimo del diametro di un capello. A indicarlo è un nuovo studio condotto da un team di ricerca internazionale coordinato dagli studiosi della Scuola di Salute Pubblica e Medicina Preventiva dell’Università Monash di Melbourne (Australia), in collaborazione con i colleghi del Jiangsu Collaborative Innovation Center of Atmospheric Environment and Equipment Technology dell’Università delle Scienze e della Tecnologia di Nanchino (Cina) e dell’Accademia Cinese delle Scienze Meteorologiche. I risultati sono stati pubblicati sulle pagine della rivista scientifica The Lancet Planetary Health.
Per compiere lo studio, i ricercatori, sotto la guida di Yuming Guo, hanno analizzato le concentrazioni di particolato sottile nell’aria tra il 2000 e il 2019, studiando i dati raccolti da circa 5.500 stazioni di monitoraggio presenti in 65 Paesi.
Tramite una procedura di apprendimento automatico chiamata deep ensemble machine learning (DEML) e l’inserimento di altri dati gli scienziati sono anche riusciti a calcolare la concentrazione di PM 2.5 anche nelle aree non coperte dalle stazioni di rilevamento. È così emerso che a livello globale la concentrazione media annuale di PM 2.5 nei nove anni oggetto dello studio, è stata stimata in ben 32,8 microgrammi per metro cubo, molto più della soglia di sicurezza indicata dall’OMS (5 microgrammi per metro cubo). In particolare, gli studiosi hanno osservato una riduzione del particolato sottile in Europa e in Nord America – grazie all’introduzione di leggi più severe contro l’inquinamento – a fronte di un significativo aumento in Asia Meridionale, Australia, Nuova Zelanda, America Latina e Caraibi.
In Asia è stata riscontrata la qualità peggiore dell’aria, con concentrazioni giornaliere di PM 2.5 risultate superiori ai 15 microgrammi per metro cubo di aria per il 90% dei giorni. L’aria più pulita si respira invece in Australia e Nuova Zelanda (8,5 µg/m3), in altre regioni dell’Oceania (12,6 µg/m3 ) e dell’America Meridionale (15,6 µg/m3), nonostante il peggioramento osservato da Guo e colleghi. “Lo studio è importante perché fornisce una profonda comprensione dello stato attuale dell’inquinamento dell’aria esterna e dei suoi impatti sulla salute umana. Con queste informazioni, i responsabili politici, i funzionari della sanità pubblica e i ricercatori possono valutare meglio gli effetti sulla salute a breve e lungo termine dell’inquinamento atmosferico e sviluppare strategie di mitigazione dell’inquinamento atmosferico”, ha riferito il professor Guo.
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