Il Covid non si arresta, e dalla Gran Bretagna arriva in queste ore una nuova minaccia. Si tratta di una nuova variante, denominata Xe. Secondo la Uk Health Security Agency (Ukhsca) avrebbe già colpito circa 600 persone, tanto da indurre l’Organizzazione mondiale della sanità a monitorarla.
La variante Xe del Covid non sarebbe altro che una mutazione ricombinante dei ceppi BA.1 e BA.2, entrambi riconducibili alla Omicron. Ebbene, la stessa Oms ha lanciato un allarme. Perché rispetto alle precedenti varianti si ipotizza un 10% in più di contagiosità. “Questo dato, però, richiede un’ulteriore conferma“, ha voluto rassicurare la stessa Organizzazione mondiale della sanità.
Non è peraltro ancora detto che la variante Xe entri a far parte di un ceppo del Covid diverso rispetto a quello ormai noto in tutto il mondo come Omicron. A sottolinearlo è sempre l’Oms, che ha chiarito che la situazione resterà questa se non si verificheranno alcune condizioni. Tra esse spiccano “significative differenze nella trasmissibilità” e anche “nella gravità” della malattia. Malattia che deve avere “significative differenze” anche “nelle caratteristiche“.
Prima della variante Xe, l’ultima minaccia del Covid rispondeva al nome di Deltamicron. Variante ibrida del Coronavirus, era apparsa l’8 marzo nel preprint di un team di ricercatori francesi. Sostanzialmente univa il corredo genetico di Delta e Omicron, come dimostrato dalla diffusione di casi di co-infezione tra diverse varianti. Si trattava quindi di sospette ricombinazioni genetiche, le quali sono comuni in tutti i Coronavirus. Il 10 marzo si contavano 33 casi della nuova variante in Francia, 8 in Danimarca, uno in Germania e uno in Olanda.
Questo evento di ricombinazione (per nulla inconsueto) non implica necessariamente una maggiore trasmissibilità, evasione immunitaria o virulenza. Lo ha spiegato dalle colonne del ‘New York Times’ il dottor Etienne Simon-Loriere, dell’Istituto Pasteur. Deltamicron deriva quasi interamente dal genoma della variante Omicron. Il resto del genoma deriva dalla variante Delta, con il risultato di rendere efficaci le difese immunitarie già acquisite. La speranza è che l’Oms confermi che ciò vale anche per la variante Xe.
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