Variante Delta in Italia: i dati sulla diffusione secondo il Governo

In data 22 giugno 2021, la variante Delta (B.1.167.2) del Coronavirus ha raggiunto una prevalenza pari al 22,7% in Italia. Lo rileva un’indagine del ministero della Salute e dell’Istituto superiore di Sanità, condotta insieme ai laboratori regionali e alla Fondazione Bruno Kessler.

I numeri della variante Delta in Italia

Come spiega il lavoro di Iss e ministero, la variante Delta è stata identificata in 16 tra Regioni e Province autonome d’Italia, con un range tra lo 0 e il 70,6%. Sempre in data 22 giugno, la prevalenza della variante Alfa (B.1.1.7, prima denominata ‘inglese’) del Coronavirus era del 57,8% in Italia. Solo il precedente 18 maggio era dell’88,1%, con valori oscillanti tra le singole Regioni tra il 16,7% e il 100%.

In crescita, ma molto meno rispetto alla variante Delta, è invece la cosiddetta Gamma (P.1, precedentemente denominata ‘brasiliana’). Tale variante del Coronavirus il 22 giugno ha raggiunto una prevalenza pari a 11,8% (con un range tra 0 e 37,5%). Secondo i calcoli di Iss e ministero della Salute, invece, nella precedente survay (quella di metà maggio) era al 7,3%.

I consigli di Brusaferro e Locatelli

La crescita della prevalenza della variante Delta è un dato atteso, che deve essere monitorato con grande attenzione – ha spiegato il presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro. È fondamentale continuare il tracciamento sistematico dei casi, cosa che in questo momento è resa possibile dalla bassa incidenza. Questo ci permetterà di individuare i focolai e completare il più velocemente possibile il ciclo vaccinale. Come confermato anche ieri dall’Ema, infatti, questo garantisce la migliore protezione“.

Il motivo di questa indicazione è noto da tempo, e lo ha recentemente ribadito anche il presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli. “Contro la variante Delta non basta una dose di vaccino. Ne occorrono due per garantire la copertura“, aveva infatti spiegato il professore, che ricopre anche il ruolo di coordinatore del Comitato tecnico scientifico. E i nuovi dati in possesso del Governo non fanno che confermare l’urgenza di muoversi in tale direzione.

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