Il vaiolo delle scimmie continua a preoccupare il mondo intero, tanto che diversi Paesi si stanno già organizzando per fornirsi di vaccini per contrastarlo. Il fatto che questo sia strettamente necessario, tuttavia, sembra dividere non poco gli esperti. Tanto più che in tanti continuano a rimarcare che la contagiosità e la letalità del virus in Europa e Nord America sono tutt’altro che allarmanti.
Attualmente i vaccini che la scienza ha approvato contro il vaiolo delle scimmie sono due. Il più noto è l’Acam200 della multinazionale francese Sanofi Pasteru Biologics Co e di Emergent BioSolutions. La sua notorietà deriva dal fatto che già è stato ampiamente utilizzato fino all’inizio degli anni ’80, prima che il vaiolo diventasse una malattia ufficialmente eradicata. Noto per la cicatrice ad anello che ha lasciato sul braccio di generazioni di italiani, lo si ritiene adeguato a contrastare anche la nuova versione del virus.
L’unico vaccino specifico per il vaiolo delle scimmie, invece, è prodotto dalla azienda farmaceutica danese Bavarian Nordic (o Mva-Bn) e si chiama Imvanex. Messo a punto nel 2019, presenta uno spettro ristrettissimo di effetti collaterali e lo si deve somministrare entro 14 giorni dall’esposizione al virus (l’ideale, però, è di quattro). In più esiste un farmaco antivirale specifico, la cui approvazione è arrivata in questi primi mesi del 2022.
Tra i Paesi del mondo che più si stanno muovendo per distribuire il vaccino contro il vaiolo delle scimmie spiccano gli Usa. Qui infatti le dosi disponibili di Imvanex erano già quasi un milione e mezzo, ma ne arriveranno ora altre 500 mila. Gli States avranno quindi a disposizione circa 2 milioni di dosi, pronte alla distribuzione in caso di necessità. In Europa, invece, l’Ema (Agenzia europea del farmaco) ha già riferito di essere in trattativa con la Bavarian Nordic per adottarlo ufficialmente contro il virus.
Intanto Germania e Spagna hanno già raccomandato il vaccino Imvanex per gli adulti particolarmente a rischio di contrarre il vaiolo delle scimmie. La rosa include in particolare chi ha avuto contatti fisici con persone infette, personale dei laboratori di malattie infettive e uomini che hanno avuto rapporti con più partner maschi. I dubbi però sono tanti, e hanno due origini. La prima è che il virus continua a presentare una contagiosità estremamente bassa (in Italia i casi restano 20) e una mortalità dell’1%. La seconda è la disponibilità dei vaccini, comunque importante nonostante si pensasse che la malattia fosse debellata in Europa e Nord America. Una vaccinazione di massa, però, non potrebbe coprire tutti i cittadini con età inferiore a 50 anni.
Per questo Matteo Bassetti, direttore del reparto di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, ha spiegato chiaramente che il vaccino contro il vaiolo delle scimmie è da somministrare anche con una certa urgenza. Ma solo ad alcune specifiche categorie: “I contatti dei positivi, se sono donne incinte, bambini o immunodepressi“. “Questa è una malattia lieve, e le ospedalizzazioni sono davvero poche. La principale raccomandazione è quindi quella di prestare grande attenzione alle precauzioni. Soprattutto durante contatti stretti, inclusi i rapporti sessuali“. Così, invece, affermato Claudio Mastroianni, presidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e ordinario di Malattie infettive all’Università Sapienza di Roma. “La contagiosità è bassa, e anche se i casi a livello internazionale aumenteranno, poi caleranno fino a scomparire“. Questa, infine, l’opinione di Massimo Andreoni, primario di infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma.
Intanto, però, il sottosegretario alla Salute Andrea Costa ha annunciato che le dosi di vaccino contro il vaiolo delle scimmie, in Italia, sono cinque milioni. Il no alla vaccinazione di massa, però, è netto. “Non siamo di fronte a un’emergenza, e va detto con chiarezza. Se ci fosse la necessità, però, siamo preparati“, ha garantito a ‘RaiNews24’. E per Francesco Vaia, direttore generale dell’Inmi Spallanzani di Roma, chi si è vaccinato prima del 1981 è “in gran parte già coperto“.
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